Venezia 74
THREE BILLBOARDS OUTSIDE EBBING, MISSOURI
di Martin McDonagh
con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, John Hawkes, Peter Dinklage
Gran Bretagna / 110’
Dopo un anno dall’efferato assassinio della figlia adolescente, Mildred Hayes noleggia tre cartelloni pubblicitari per accusare lo sceriffo locale per l’immobilismo delle indagini. Una provocazione che riaprirà vecchie ferite. Tra la polizia e gran parte della popolazione comincia a montare la rabbia. Gradualmente affiora il volto conformista, razzista, violento del paese… Un film potente, girato magistralmente dal regista e sceneggiatore Martin McDonagh (IN BRUGES). Ritmo sempre sostenuto, fotografia densa di significato, scelte narrative ad orologeria (ad esempio l’inizio dell’affissione la notte di Pasqua indizia un percorso di morte/sacrificio); un dramma punteggiato di amara ironia, girato come fosse una ballata folk, sottolineata dalle scelte musicali che accompagnano alcune delle scene più intense.
Lieve pecca: alcune soluzioni “di genere”.
Bravissimi gli attori, tra cui primeggiano Frances McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell. Applausi al Lido.
Orizzonti
HA BEN DOD (THE COUSIN)
di Tzahi Grad
con Ala Dakka, Tzahi Grad, Osnat Fishman
Israele / 92’
Naftali, un israeliano liberal e progressista, assume Fahed, operaio arabo (all’occasione anche rapper e tecnico del computer) per ristrutturare una casetta-studio… Ma una ragazza del vicinato viene aggredita e i sospetti convergono su Fahed. L’atteggiamento garantista di Naftali vacilla quando sentirà minacciata la propria famiglia. Costantemente sospeso tra dramma e farsa, il crescendo di paranoia irride sarcasticamente un mondo confuso in cui il pregiudizio precede qualunque chiarimento. Il sovrapporsi degli equivoci rende il racconto quasi una metafora, verso un finale simbolico di una incomunicabilità e di un caos solo apparentemente comico. Purtroppo alcune cadute narrative e soluzioni scontate rendono a tratti poco scorrevole la narrazione. Discreto.
di Anne Fontaine
con Finnegan Oldfield, Isabelle Huppert, Grégory Gadebois, Vincent Macaigne
Francia / 115’
“Bijoux” è il vero cognome di Marvin, ma a scuola, in una comunità dagli orizzonti troppo ristretti, lo usano contro di lui come un’offensiva e fatale etichetta da “frocetto”; sensibile, dai lineamenti dolci e dal fisico esile, da “femminuccia”, Marvin subisce in silenzio l’attacco riservato alla divergenza rispetto a canoni di genere severamente stereotipati.
In un racconto dai colori freddi e dalle linee nette, la regista francese Anne Fontaine, anche co-sceneggiatrice, mette in scena come a teatro il percorso della profonda ri-costruzione personale del protagonista: dopo un allontanamento dalla famiglia, la riuscita sarà suggellata, non a caso, proprio nella rappresentazione teatrale di un “rinato” Martin Clement, che cambia nome per riappropriarsi della sua storia. La scoperta e l’accettazione della propria omosessualità giungeranno con la maturazione di Marvin/Martin, accompagnata da un progressivo incremento dei toni caldi della fotografia: immersi in una luce soffusa, caratterizzeranno la rappresentazione dello psicodramma recitato a teatro con Isabelle Huppert (presente nel plot nella parte di se stessa), che interpreta il ruolo della “madre”. Sarà l’inizio del successo e del percorso di parziale recupero del rapporto con la famiglia.
Settimana Internazionale della Critica
KÖRFEZ (THE GULF)
di Emre Yeksan
con Ulaş Tuna Astepe, Ahmet Melih Yilmaz, Serpil Gül, Müfit Kayacan, Damla Ardal, Cem Zeynel Kiliç, Merve Dizdar
Turchia, Germania, Grecia / 108’
Selim, giovane originario di Izmir,città turca, torna a casa dopo una carriera distrutta e un matrimonio fallito.
Nelle sue giornate, il protagonista, vagando per la città comprende che il suo Paese è a un passo da un imminente collasso.
Quando, dopo un incidente marittimo, che propaga miasmi irrespirabili di petrolio, gli abitanti di Izmir, sono costretti a lasciare le proprie case, il protagonista, con l’aiuto dell’amico Cihan e dell’ex-fidanzata, riscoprirà nuove possibilità di vita per un futuro completamente da inventare.
Il film, opera prima del regista turco Emre Yeksan, si presenta sin da subito come un prodotto di grande ambizione e altamente allegorico a partire dalla caratterizzazione dei personaggi (Selim, come tutta la sua generazione, è un ragazzo smarrito) fino ad arrivare alla rappresentazione della realtà politico-sociale della Turchia odierna.
La fotografia privilegia colori scuri e luci fredde nella prima parte, che si trasformano gradualmente in colori e luci calde, a indiziare il lento cambiamento della mentalità del protagonista. La colonna sonora è prevalentemente evocativa; sono tuttavia presenti momenti di silenzio che, pur rischiando di dilatare eccessivamente il ritmo della narrazione, si rivelano necessari per sottolineare l’importanza di alcuni momenti.
di ROBERT GUÉDIGUIAN
con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Jacques Boudet, Anaïs Demoustier, Robinson Stévenin
Francia / 107’
In un piccolo paesino abbandonato, ex meta turistica, vicino Marsiglia si re-intrecciano le storie di tre fratelli oramai sul viale del tramonto tornati per assistere il padre gravemente malato. Joseph ex professore universitario innamorato di una sua ex-alunna, ma incapace di ‘tenere il suo passo’ non riesce a distaccarsi dal suo cinismo di frasi fatte e assoluta polemica. Angelè, nota attrice teatrale occupata in varie tourneè, combatte i ricordi della scomparsa precoce della sua bambina, accusando il padre; Armand, vero superstite cresciuto senza mai lasciare il luogo, gestisce l’unico ristorante del posto restando troppo legato alle vecchie ricette di famiglia. Le giornate scorrono lente scandite tra ricordi affiorati, nostalgie e gli interventi dei militari giunti sul luogo dopo il naufragio di un barcone di migranti poco più a largo. Di qui le storie dei tre protagonisti si intrecciano con il destino di tre fratellini (da notare la bella simmetria una femmina e due maschi) superstiti dalla tragedia in mare.
Il regista (LE NEVI DEL KILIMANGIARO) ancora una volta lavora con gli attori e amici Jean-Pierre Darrousin, Gerard Meylan e la moglie Ariane Ascaride ottenendo un’opera elegante e commovente.
L’impostazione teatrale dell’opera permette molteplici letture tutte approfondite e complete come la questione del gioco: eterno veicolo intergenerazionale; o anche l’accettazione della propria età, il viaggio vero e proprio se si cerca una via di fuga e metaforico per la morte, la maternità e le problematiche genitoriali, la salvaguardia dell’ambiente, la problematica dell’immigrazione, l ‘affermazione della propria identità.
Convincente il continuo dualismo, a volte simmetrico, di tutto: vita e morte, gioventù e senilità, mare e sentieri selvaggi, mentalità borghese e ideali proletari…
Accorgimenti tecnici molto apprezzati la scelta del sonoro e di alcune immagini: il mare, sempre presente e veicolo di ricordi e storie, la terrazza vanto e palcoscenico dell’intera vicenda, il treno, regolare e quasi volante.
Emozionante il finale.