Venezia 74
THE SHAPE OF WATER
di Guillermo del Toro
con Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg, Octavia Spencer;
Usa / 119’
Fantasia, emozioni e tanto Cinema classico nell'atteso “The Shape of Water” di Guillermo del Toro. Il regista che più di ogni altro, negli ultimi due decenni, ha creato un suo personale linguaggio tra horror, grottesco e fiaba porta al Lido la storia commovente di un legame impossibile fra due diversità: una ragazza muta ed uno strano anfibio umanoide conteso fra militari americani e russi in pieno maccartismo. Un inno alla comunicazione cinestetica che dà modo al regista di giocare con tutti i registri compresi fra commedia, spy story, dramma e melò strizzando anche l'occhio al musical d'antan. Affascinante l'uso coreografico della macchina da presa che sembra perennemente “danzare” fra apparati scenici ed attori. Applausi meritati in Sala Grande.
Proiezioni speciali
L’ORDINE DELLE COSE
di Andrea Segre
con Paolo Pierobon, Giuseppe Battiston, Valentina Carnelutti, Olivier Rabourdin;
Italia, Francia / 112’
Un alto funzionario di polizia italiana in missione in Libia col mandato di arrestare il flusso migratorio attraverso la collaborazione fra realtà locali e paesi transfrontalieri entra casualmente in contatto con una ragazza somala. La sua visione del lavoro e della fedeltà alla causa sembra avere una svolta. Andrea Segre (Io sono Li – 2012; La prima neve – 2013) non nuovo a portare sul grande schermo tematiche di grande respiro sociale con sguardo critico e partecipe, ma sempre rigoroso e poetico, torna a parlare di immigrazione facendo emergere le convenienze dell'Occidente e le relative connivenze con i paesi in via di sviluppo dei quali si chiede la collaborazione. Ne emerge un quadro piuttosto sconfortante ben reso da una fotografia algida e da personaggi freddi e sempre “distanti”. La messa in scena, solo apparentemente semplice, si rivela in realtà ricca di dettagli significativi tanto dal punto di vista narrativo quanto da quello psicologico.
Fuori Concorso
ZAMA
di Lucrecia Martel
con Daniel Giménez Cacho, Lola Dueñas, Matheus Nachtergaele, Juan Minujín
Argentina, Brasile, Spagna, Francia, Messico, Usa, Paesi Bassi, Portogallo / 115’
Diego De Zama è un uomo che aspetta: ufficiale della Corona Spagnola nato in Sud America, aspetta notizie dalla sua famiglia, rimasta nella sua città natale; aspetta una lettera del re che gli conceda il trasferimento in un posto migliore; aspetta che il suo valore venga riconosciuto e rispettato. Film in costume ambientato in un Settecento ombroso e non particolarmente definito, in cui i piani onirico e di realtà si fondono in una continua danza di mistero e allucinazione, Zama sfrutta un’apparente mancanza di linearità narrativa per descrivere senza velleità storicistiche un continente che la regista definisce “dal passato oscuro e spesso non approfondito”. Significativa la rilevanza attribuita al sonoro, reso finestra diretta sulla soggettività dei personaggi tramite un’importante presenza di voci apparentemente fuori campo e rumori giustificati solo dalla percezione personale dei protagonisti. Esperimento interessante.
Orizzonti
ESPÈCES MENACÉES
di Gilles Bourdos
con Alice Isaaz, Vincent Rottiers, Grégory Gadebois, Suzanne Clément;
Francia, Belgio / 105’
Confronti, scontri, conflitti (padre-figlia, figlio-madre, marito e moglie) in questo intreccio che vede giustapporsi le storie indipendenti di tre famiglie in un complesso mosaico. Le “specie minacciate” a cui il titolo fa riferimento sono evidentemente le coppie che, a guardare i casi messi in scena, non sembrano godere di buona salute nè di un futuro roseo. Ambigua, in questo senso, la sequenza finale che può avere una duplice lettura: di speranza, così come di drammatica immobilità. Gradevole la sceneggiatura che riesce a tenere incollate le varie storie senza cadute di attenzione e allo stesso tempo lodevole il lavoro del cast.
Orizzonti
UNDIR TRÉNU (UNDER THE TREE)
di HAFSTEINN GUNNAR SIGURÐSSON
con Steinþór Hróar Steinþórsson, Edda Björgvinsdóttir, Sigurður Sigurjónsson, Lára Jóhanna Jónsdóttir;
Islanda, Danimarca, Polonia, Germania / 89’
Un nucleo familiare collassa per il manifesto tradimento di lui, mentre due coppie mature vicine di casa iniziano una lotta senza esclusione di colpi a causa dell'ombra invadente di un albero… è un universo votato all'autodistruzione, incapace di alcuna forma di perdono, quello messo in scena nel film islandese. Un meccanismo psicologico che svela violenza repressa in tutti I personaggi. Il linguaggio cinematografico è volutamente asciutto e minimale, i toni cromatici freddi, il commento sonoro straniante. Un prodotto “da Festival” che se non brilla per originalità, neppure delude le aspettative.