Venezia 73
UNE VIE di Stéphane Brizé Francia, Belgio, 119’
Judith Chemla, Jean-Pierre Darroussin, Swann Arlaud, Yolande Moreau
Il film, liberamente tratto da “Una vita” di Guy De Maupassant, narra la vicenda umana di Jeanne, baronessa francese, agli inizi dell’Ottocento. In un’atmosfera romantica e aristocratica, la nobildonna vive giornate piene di sogni, nella bella e grande casa di famiglia, con i genitori che adora, in un eterno idillio. Ben presto arriverà la disillusione: i ripetuti tradimenti da parte del marito, la scoperta del passato sconvolgente della madre e l’abbandono da parte dell’unico e adorato figlio, che non fa che chiederle denaro, faranno assumere al suo mondo toni cupi e freddi, in contrapposizione ai dorati e luminosi esterni ripresi in maggioranza nella prima parte dell’opera. La bellezza della fotografia, l’equilibrio nella composizione della trama, i sentimenti veri esaltati dalla musica romantica quanto tragica e la bravura degli attori fanno di questo film non un monumento ad un passato scomparso, ma una rappresentazione di sentimenti sempre attuali, dove i tempi lunghi di sequenze e primi piani sono solo l’eco della profonda interiorità dei protagonisti.
Venezia 73
THE BAD BATCH di Ana Lily Amirpour - Usa, 115’
Suki Waterhouse, Jason Momoa, Keanu Reeves, Jim Carrey, Giovanni Ribisi
Due ore di scenari apocalittici, cannibalismo e riferimenti alle problematiche sociali tipiche degli Stati Uniti d’America. Il film ipotizza un mondo catastrofico dove i reietti della società vengono abbandonati oltre il confine texano, in un deserto misterioso quanto potenzialmente letale. La storia segue le vicende di una ragazza, Arlen, che nella sua corsa per la sopravvivenza si trova a combattere contro i nemici più inaspettati, da un insediamento di cannibali a una pseudo comunità riunita dall’egida di un enigmatico santone, autoproclamatosi “Dream” (“Sogno”). Queste due realtà riescono a convivere rispettando ognuna i propri, ben definiti, confini, finchè le decisioni della protagonista non le porteranno a collidere, in un viaggio dalle conclusioni inaspettate. Le tematiche trattate non sono originalissime, ma la storia riesce a criticare la società statunitense in un modo complessivamente nuovo, creativo, sottolineato anche dalla frequente ripetizione di riproduzioni “monche” della celebre bandiera a stelle a strisce. Grazie alla prevalenza000000000 di campi lunghi e lunghissimi a simboleggiare l’emarginazione e la solitudine dei personaggi, ulteriormente sottolineate dalla significativa carenza di dialoghi nell’opera, il deserto texano da mera location diventa a tutti gli effetti personaggio e spettatore della vicenda.
Venezia 73
VOYAGE OF TIME: LEFE’S JOURNEY di Terrence Malik – Usa, Germania, 90’
Cate Blanchett (documentario)
Un inno alla vita. A metà tra il documentario e il film VOYAGE OF TIME: LIFE’S JOURNEY ci porta dentro una lettura della creazione. Il film trova il suo inizio e la sua fine nell’immagine allegorica di un raggio di sole che attraversa le nuvole. Un salmo al principio materno e generatore dell’universo. Se le intenzioni alte dell’autore generano altrettante aspettative nel lettore, la realizzazione pecca purtroppo un po’ di ipertrofia e rischia la ripetitività di quanto già visto in TREE OF LIFE.
Orizzonti
LIBERAMI di Federica Di Giacomo - Italia, Francia, 89'
(documentario)
Federica di Giacomo porta sullo schermo un docufilm che segue la pratica degli esorcismi svolti a Palermo da padre Cataldo. Il lungometraggio analizza la vita e il malessere di molti individui, tutto con lo stesso male: la possessione demoniaca. Unica soluzione per stare meglio sembrano i riti tradizionali di padre Cataldo, punto di riferimento e guida. LIBERAMI sembra analizzare un malessere interiore comune quasi sociale che esiste e si manifesta in maniera dirompente e aggressiva generando, anche nello spettatore, un coinvolgimento emotivo simile allo sgomento. L’ effetto è reso soprattutto dalla scelta di regia di tenere la camera immersa nella scena rendendola quasi un personaggio silenzioso, il punto di vista offertoci è infatti quello di un osservatore, non ci sono dichiarati giudizi o aperti schieramenti. Viene da chiedersi qual è il confine tra il tentativo di uno sguardo oggettivo su un fenomeno perturbante e lo scetticismo ironico.
Giornate degli Autori (Evento Speciale)
VANGELO di Pippo Del Bono – Italia, Belgio, 85’
Pippo Delbono, Safi Zakria, Nosa Ugiagbe, nel ruolo di loro stessi e con l’amichevole partecipazione di Petra Magoni e Ilaria Fantin e con Bobò e Pepe Robledo
Per colmare l’immenso vuoto per la morte della madre e per andarle incontro proprio nella fede a lei tanto cara, il regista, che si dichiara non credente, mette in scena due opere sullo stesso tema del “Vangelo”; una teatrale, con attori professionisti, e l’altra “quasi reale”, con stranieri non professionisti.“Siamo isole nell’oceano dove l’amore naufraga”: è questa forse la frase più vicina al messaggio d’amore disperato che il regista vuole lanciare. Per denunciare le colpe e la mancanza di umanità di una società occidentale benestante ma fredda, vecchia e che non si sente coinvolta responsabilmente nei confronti degli immigrati (“Volete che liberi Cristo o Barabba?”), il regista andrà a cercarli proprio là dove abitano, in periferia, e ne sceglierà dodici per farli recitare nel suo “Vangelo”. Questi uomini sono perfetti per interpretare la parte: sono soli, rifiutati da tutti e considerati degli scarti. Ma in fondo, riflette il regista, anche noi siamo soli e abbiamo bisogno l’uno dell’altro, anche noi cerchiamo la gioia dell’incontro e della condivisione.“Ero nudo e mi avete vestito, avevo fame e mi avete nutrito…” pare che verso la fine del film il regista abbia finalmente incontrato Cristo proprio nei volti di questi ultimi, e conclude con una delle inquadrature più belle: un’ “Ultima cena” a metà tra Caravaggio e Picasso, perché “Forse loro hanno conservato più di noi, il senso sacro della vita”.