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Fuori dal coro 2005

62. Mostra Int.le d'Arte Cinematografica
La Mostra torna snella: 60 film, le sezioni Digitale e Mezzanotte saranno "trasversali"

 

09/09/2005 Dissolvenza in nero

Tanto tuonò che piovve… letteralmente e copiosamente.
Irritati e sdegnati dal basso livello di questa ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, gli Spiriti Grandi della Settima Arte si sono vendicati aprendo le cateratte del cielo e scatenando un diluvio spaventoso su tutta la laguna…
Mare mosso, acqua alta a Venezia, lungomare a tratti allagato (davanti al Des Bains, virtualmente si poteva andare in canoa!), scoperchiata e smantellata dalla furia degli elementi l’esclusiva Terrazza Martini all’Excelsior (che sia un presagio negativo per il povero George Clooney: - “No Martini, no Lion” - da molti dato per vincitore…).
Fra sussurri furtivi e timorosi alcuni festivalieri - la cui identità è nota solo all’organizzazione della Mostra - giurano di aver visto le figure di De Sica, Fellini e Rossellini, solcare il cielo tempestoso a cavallo di nubi e scagliare fulmini verso il Palazzo del Cinema, mentre sulla spiaggia di Punta Sabbioni, voci di popolo affermano tra i brividi di aver visto spuntare dalla sabbia i corpi revenants di Kieslowsky e Visconti, che animati da vita innaturale si dirigevano minacciosi verso lo Spazio Eventi…
In mezzo all’apocalisse colpisce l’aplomb dei festivalieri accreditati che trasformano il disagio della situazione in un ulteriore momento modaiolo scatenando la caccia agli ombrellini griffati Cinecittà e agli impermeabili di 01 Rai…
Sul fronte delle visioni, quattro gli ingressi della giornata (alla premiazione/proiezione del Leone d’Oro alla carriera Hayao Miyazaki, non siamo riusciti ad entrare…).
Cominciamo con la pellicola in concorso: “LA SECONDA NOTTE DI NOZZE” di Pupi Avati. Dopo le divagazioni nostalgico-jazz di “Ma quando arrivano le ragazze?”, il regista bolognese ritrova il tocco leggero con una storia d’amore sofferta e dai risvolti inconsueti. Cast d’eccezione: Neri Marcorè abilissimo nei panni di un personaggio cinico e antipatico, commovente Antonio Albanese, grandioso il duetto Marisa Merlini – Angela Luce, convincente Katia Ricciarelli.
“Dalla Cina con … dolore” sbarca, nella sezione orizzonti, il bel “HONGYAN” della giovane Li Yu con una storia che mescola gli ingredienti della maternità negata, del rapporto conflittuale madre-figlia, del rapporto madre-figlio. Eleganza formale di gran livello; ricorso discreto ai simboli senza che questi ne risultino appesantiti; movimenti fluidi della macchina da presa; tocco leggero e discreto nel trattare una piccola storia privata che assume i connotati di un dramma nazionale. Da non dimenticare.
Terza pellicola visionata “YOLDA” del turco Erden Kiral, è un film “on the road” (significato letterale del titolo) che narra il viaggio - non completamente reale - del regista turco Yilmaz Güney di trasferimento verso un carcere, che il regime ha realmente inviato in esilio fino alla morte nell’84. Acuta la riflessione sulla libertà fisica e su quella intellettuale in un intreccio non del tutto risolto tra una vicenda reale e l’allusione ad un piano fantastico-metaforico.

Ultima pellicola la piacevole sorpresa offerta da "THE CONSTANT GARDNER" del brasiliano Fernando Meirelles. La storia, tratta da un racconto di John Le Carré, è quella di un diplomatico britannico (un misurato Ralph Fiennes) alla ricerca delle cause dell'omicidio in Kenia della propria moglie, operatrice umanitaria (un'intensa Rachel Weitz), incappata nei traffici delle multinazionali farmaceutiche. La pellicola sviluppa un ritmo a tratti secco, nervoso, e a tratti disteso, quasi solenne. Ottima la fotografia di un'Africa sfruttata, piagata, ma prepotentemente bella, spessa illuminata da una luce calda con cui contrastano interni algidi o acidi. Un film che meriterebbe un premio e, a giudicare dall'interminabile applauso in Sala Grande, non siamo gli unici a pensarla così.

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