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Fuori dal coro 2005
62. Mostra Int.le d'Arte Cinematografica La Mostra torna snella: 60 film, le sezioni Digitale e Mezzanotte saranno "trasversali"
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07/09/2005
In attesa...
A quattro giorni dalla fine della 62a Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia si comincia ormai a stilare bilanci, lanciarsi in previsioni al limite dell’azzardo; si contano stellette e pallini, si confrontano tabelle coi voti, mentre nelle pause fra le proiezioni si formano crocchi carbonari dove, fra occhiate furtive, ed esoterici gesti d’intesa, ci si sussurra l’un l’altro il risultato delle ponderose elucubrazioni notturne. Intanto ci si diverte ad osservare la stranezza dei giudizi che passano attraverso la TV e che spesso, non concordano propriamente con le reazioni effettive di pubblico e critica. Forse chi ci racconta il festival ha qualche interesse da difendere? Ma veniamo al consueto “diario”. La giornata di oggi è stata piuttosto intensa; ben sette le pellicole visionate che di fatto diventano otto se si conta un ulteriore film visto ieri e non recensito per svista. Cominciamo con “PROOF – LA PROVA” di John Madden, elegante riflessione sul senso della perdita e sulla rielaborazione del lutto: Antony Hopkins è un anziano e geniale matematico la cui mente da anni vacilla. Alla morte di questi, la figlia, ben interpretata da Gwyneth Paltrow, anch’ella giovane matematica, entra in crisi depressiva, aggravata dal sospetto di aver ereditato il male del padre… Il film è di solida fattura e coinvolgente. Altra pellicola in concorso: “VERS LE SUD” di Laurent Cantet. Tre donne ultraquarantenni occidentali approdano ad Haiti alla fine degli anni ’70 alla ricerca di coinvolgenti avventure con i giovani del luogo, ma dovranno confrontarsi – oltre i confini rassicuranti dell’albergo di lusso ove intessono le loro relazioni - con povertà e dittatura. Un film francese sul nuovo colonialismo sessuale che fa riflettere; senza facili soluzioni con problemi lasciati aperti in un fuori campo richiamato e non mostrato. Con la benedizione di Joel ed Ethan Cohen – qui in veste di produttori – sbarca al Lido la frizzante e scanzonata pellicola di John Turturro: “ROMANCE & CIGARETTES”. Ancora una storia di tradimento e abbandono ma qui il dramma si fa grottescamente comico grazie ad una modalità narrativa surreale che si arricchisce di sequenze musicali in cui, naturalmente, ci si prende gioco del “genere” sfruttandolo abilmente. “EAST OF PARADISE” – in verità ampiamente snobbato alla proiezione mattutina – ha suscitato reazioni contrastanti ma del resto il dualismo è già insito nella pellicola stessa: la prima parte (circa 40 minuti) lo schermo presenta il volto di una signora – dal mezzo busto al dettaglio – che racconta la sua tragica storia di deportata in Siberia; mentre la seconda parte è dedicata al racconto delle prime esperienze cinematografiche del regista stesso, figlio della signora e autore del film. Una insolita e, a tratti, poco convincente riflessione sul “volto del potere” che non è poi tanto diverso da quello della povertà. Dal Brasile, giunge, nella sezione “Orizzonti” la secca pellicola di Lirio Ferreira: “ARIDO MOVIE”. Sullo sfondo del desertico Sertao, si consuma la vicenda del popolo indio defraudato della terra, dell’acqua, della fede e dell’identità; quelle stesse fede ed identità che pur rubate dai conquistatori bianchi, sembrano aver abbandonato anche le sofisticate metropoli moderne. Gran bella fotografia a servizio, purtroppo, di una sceneggiatura incerta che lascia troppi dubbi e difficoltà di interpretazione. Dopo la delusione del Faenza di “I giorni dell’abbandono” si apprezza l’opera di Pasquale Scimeca: “LA PASSIONE DI GIOSUE’ L’EBREO” nella sezione delle “giornate degli autori”. 1492: Isabella di Castiglia espelle ebrei e musulmani dalla Spagna. Un giovane ebreo, costretto alla fuga con la sua famiglia approda in Sicilia ove viene coinvolto in una sacra rappresentazione della passione. La sua identificazione con il Cristo è tale da convincere le autorità religiose e civili a sopprimerlo sulla scena. Malgrado alcune discontinuità il film propone una riflessione sulle tre religioni monoteiste e sulle tante “guerre di religione”. Molto suggestiva la colonna sonora, con le musiche di Miriam Meghnagi. Dalla Cina avanza l’apprezzato Stanley Kwan con: “CHANGHEN GE”, tratto dal romanzo omonimo di Wang Anyi. La storia segue la parabola dolorosa della città di Shanghai, dallo splendore degli anni ’40 passando dall’avvento del regime di Mao, sino alla decadenza degli anni ’60 e al lento risorgere per tutti gli anni ’70 sino all’apertura dei primi anni ’80. Il tutto raccontato magistralmente attraverso la storia privata di una donna e dei suoi sfortunati amori. Fotografia, scene e costumi di alto livello, commento sonoro azzeccatissimo, attenzione minuziosa al montaggio, interpretazione toccante… Insomma un prodotto molto accattivante e ben riuscito. Ultimo film della giornata il “fuori concorso”: “BACKSTAGE” di Emmanuelle Bercot. L’intenzione lodevolissima della regista parigina, sarebbe quella di indagare il comportamento irrazionale e disperato di una giovane fan che ha la possibilità di vivere accanto all’oggetto del suo desiderio. Il risultato, malgrado una conturbante Emmanuelle Seigner (che come star del pop melodico è poco credibile), e la giovane “appassita” Isild Le Besco è piuttosto deludente a tratti ridicolo. L’introspezione psicologica dei personaggi è al livello del rotocalco, lo sviluppo della sceneggiatura piuttosto prevedibile… Peccato.
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