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Un appuntamento giornaliero fra critica, commenti, news, gossip e quant'altro ancora direttamente dalla 59a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia a cura del nostro inviato Alberto Piastrellini

 

02/09/2002 Lunedì 2 settembre

Termina in grande stile il primo week end di programmazione della 59a Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia; le pellicole visionate nella tarda serata di ieri sono: Far from Heaven dell’americano Todd Haynes e Ripley's Game della nostrana Liliana Cavani.
La prima, nella sontuosa cornice di una produzione hollywoodiana in grande stile (produttori esecutivi: Steven Soderbergh e George Clooney!), è un tiepido melodramma appena venato da una sottile ironia che ci è sembrata a tratti fuori luogo. La storia è quella di una tipica famiglia ricca della provincia americana degli anni ’50 alle prese con i drammi interni (la scoperta dell’omosessualità di lui, la scandalosa amicizia con il giardiniere di colore di lei, la scelta del divorzio) e quelli esterni: il perbenismo e l’ipocrisia della cittadina, le false amicizie, il razzismo. Forse, temi così impegnati e delicati si sarebbero giovati di una sceneggiatura meno lacunosa e più coraggiosa. Elegantissimo, comunque, l’allestimento scenico; fotografia, scene e costumi di alto livello.
La seconda pellicola è Ripley's Game di Liliana Cavani, dall’omonimo romanzo di Patricia Highsmith, alla Mostra con una cooproduzione italo-inglese dal cast internazionale (John Malkovich, Chiara Caselli, Dougray Scott). La trama, già portata sul grande schermo da Wim Wenders (l’amico americano), vede il maturo Mr. Ripley coinvolgere nel suo gioco perverso un ignaro malato terminale. Una suspance arguta e sottile, tutta affidata all’interpretazione di John Malkovich. Coinvolgente l’ambientazione veneta (esterni delle colline trevigiane, villa palladiana, Teatro Olimpico di Vicenza.

La seconda settimana qui alla Mostra si apre all’insegna del Cinema russo con la proiezione del film in concorso Dom Durakov di Andrej Končalovskij. Una commedia amara e grottesca che sfrutta il pretesto della follia per presentare l’orrore della guerra, quella di Cecenia, per intendersi. Se è vero che il Cinema balcanico ci ha regalato delle squisite sorprese in questi ultimi anni, l’ultimo lavoro del fratello di Nikita Michalkov, si offre allo sguardo del pubblico come un prodotto intelligente, gradevole e riuscitissimo; a questo punto azzardiamo un possibile piazzamento per il Leone d’Oro.
Nella sezione controcorrente abbiamo visto Musikk for bryllup og begravelser della norvegese Unni Straume. Una pellicola intrigante, nordica e minimale, allo stesso tempo contaminata dalla solare follia delle armonie zingaresche. Debutto sul grande schermo per l’ormai famosissimo Goran Bregović che oltre a curare lo splendido commento sonoro, si riserva una parte di comprimario.
Seconda pellicola in concorso della giornata, l’ambiguo Meili Shiguan del taiwanese Chang Tso-Chi. Un’opera concettuale a tratti oscura e di difficile lettura (mdp insolitamente fissa, brevi sequenze montate sempre con dissolvenze in nero, caratteri e personaggi poco definiti, sceneggiatura che procede per incongrue ellissi), una mesta riflessione sul senso del Tempo e della Vita, nello stile, ormai non nuovo di molto Cinema asiatico.

Un arrivederci a domani con il prossimo aggiornamento.

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