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Fuori dal Coro 2010
Anche quest'anno gli operatori del circuito "Sentieri di Cinema" presente in laguna racconterà su queste "pagine" il proprio punto di vista sulla Mostra del Cinema di Venezia, a partire da mercoledì 1 fino a sabato 11 settembre, giorno delle premiazioni. Il gruppo, inoltre, farà parte della giuria CGS per il premio LANTERNA MAGICA 2010.
Queste pagine sono fruibili anche dal Sito ufficiale del CGS Nazionale, all'indirizzo: www.cgsweb.it
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02/09/2010
Machete e fioretto
Secondo giorno di Mostra e già la kermesse rivela il suo lato peggiore appena mascherato dai lustrini (pochi, in verità) e dai rattoppi dell’ultimo minuto. Servizi ridotti all’osso (scarso accesso ai pc, ad esempio), buste di carta in luogo dei tradizionali shopper in tela per gli accrediti culturali, irraggiungibili e limitatissime le aree Club e le terrazze sponsorizzate all’Excelsior, ultimi baluardi di un gotha paracinephiles sempre più tronfio ed arroccato. L’impressione dei primi giorni (speriamo vivamente di sbagliare) è che questo Festival sia sempre più lontano dal pubblico e risulta solo un evento modaiolo per pochi “addetti ai lavori” e relativi cortigiani che, peraltro sembrano disertare in massa le proiezioni (forse perché il buio cancella le differenze) per vegetare in cocktail interminabili e atmosfere lounge.
Ma veniamo ai film della giornata. Apre le “danze” il toccante NORWEGIAN WOOD di Tran Anh Hung. Non nuovo alle frequentazioni lagunari (vinse il Leone d’Oro nel 1995 con Cyclo), l’autore de “Il profumo della papaia verde” (Camera d’Or, Cannes 1992) porta sullo schermo una riduzione dell’omonimo romanzo di Haruki Muratami incentrato sul bisogno d’amore e sulla sofferenza che provoca la consapevolezza di non aver amato abbastanza. Atmosfere rarefatte, tempi reali all’interno delle diverse inquadrature, montaggio essenziale e fotografia curatissima, sono le cifre di uno stile narrativo ed espressivo che difficilmente si incontra nel cinema. Un’opera alta ed impegnativa che appaga lo spettatore esigente.
A seguire un altro atteso film della selezione ufficiale di Venezia 67: MIRAL di Julian Schnabel. La genesi dell’Istituto Dar Al-Tifel per orfani palestinesi a Gerusalemme, ad opera della fondatrice, Hind Husseini, procede di pari passo con la crescita umana della piccola e ribelle Miral. Schnabel si ispira al libro omonimo di Rula Jebreal, raccontando la realtà dei Territori dalla nascita dello Stato di Israele fino agli Accordi di Oslo. Storia, educazione, amore e speranza nella pace e nella convivenza possibile fra popoli diversi sono le tematiche proposte nella bella pellicola che forse paga un eccessivo tributo all’emozione e all’inseguimento dell’applauso e delle lacrime. Ottima prova della lanciatissima Haim Abbas; stupisce la futilità delle apparizioni di Willem Dafoe e Vanessa Redgrave.
Terza pellicola visionata, sempre nella selezione ufficiale dei film in concorso è stato lo stravagante e più che sghembo HAPPY FEW, di Antony Cordier. Alla sua seconda prova con il lungometraggio, dopo “Doccia fredda” presentato a Cannes nel 2005, Cordier porta sulle schermo una sceneggiatura originale scritta con la collega Julie Peyr. La storia è quella di due coppie che, consenzientemente, cominciano a scambiarsi i partner; ma l’euforia iniziale lascia presto il posto al sospetto e alla gelosia. La riflessione circa il bisogno di inventarsi nuove “chimere d’amore… per poi sperimentare l’orrore di essere intercambiabili” viene condotta attraverso situazioni più che reiterate e dialoghi poco credibili. Il minutaggio eccessivo e la freddezza compiaciuta delle inquadrature e del montaggio, non aiutano lo spettatore a simpatizzare con la pellicola ed i personaggi. Gelo in sala ai titoli di coda.
Nella sezione “Orizzonti”, un po’ affaticati dall’orario post-prandiale e da un accumulo di ore in Sala non indifferente, ci ha colpito favorevolmente, GUEST di José Luis Guerin. Già protagonista di eventi lagunari (“En la ciutad de Sylvia” – 2007), il regista-documentarista porta in Mostra un “diario” cinematografico delle impressioni ricavate durante un anno di peregrinazione mondiale per festival. La cinepresa scopre inediti “dietro le quinte” della quotidianità: fatti, storie, personaggi, verità e le restituisce al pubblico in un meta testo denso di significati inaspettati. Un tipico prodotto da festival; più che valido, ma destinato alla visione limitata dei pochi partecipanti.
Termina la faticosa giornata: LA BELLE ENDORMIE di Catherine Breillat. In primo luogo il film segue ritmo ed estetica della fiaba omonima, poi fra citazioni e rimandi l’atmosfera rassicurante tende all’inquietudine e ad atmosfere dark, mentre, contemporaneamente la piccola principessa addormentata e sognante si risveglia in un mondo molto più duro ed inquietante. Il lato oscuro della favola è utilizzato per parlare della vita ed il linguaggio spazia dall’onirico al carnale pur mantenendo una forte carica estetica.
E anche per oggi è giunta l’ora di chiudere gli occhi. A domani con il prossimo aggiornamento.
Alberto Piastrellini
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