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Fuori dal Coro 2009
66.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Sentieri di Cinema seguirà anche questa edizione con il consueto reportage giorno per giorno ed invierà in laguna un gruppo di operatori del circuito.
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10/09/2009
Alti&bassi
Passata quasi indenne la terzultima giornata di Mostra… Mentre le luci delle terrazze dell’Excelsior e degli spazi eventi colorano la notte del Lido e le basi ritmiche delle varie feste rompono quell’agognato silenzio, dopo l’ennesima giornata passata nel vortice festivaliero, l’ultima ora prima del ritiro notturno la dedico al consueto aggiornamento. Domani è il penultimo giorno di Mostra; domani sono solo poche ore e cinque ultimi film. Nei capannelli fuori e dentro le sale l’argomento di conversazione è più o meno sempre lo stesso: chi vincerà il Leone d’Oro quest’anno? Fioccano giudizi, previsioni, si interrogano i vecchi saggi e si cerca di interpretare gli oscuri vaticini di chi vanta amicizie in alto loco e sentenzia “la chiusura dei giochi” con due giorni d’anticipo. Certo che gli ultimi giorni di Festival inducono al bilancio e, perfettamente conscio della limitatezza del mio punto di osservazione, pronuncio il mio verdetto: una Mostra rattoppata e raffazzonata, con gli abiti rivoltati, la tecnologia al limite e una serie di disfunzioni che ormai si trascinano nel tempo. Le cause? Pochi soldi, scarso interesse da parte degli Enti Pubblici e di quelli privati; insomma l’idea che passa è che la cultura costa e se si può risparmiare, tanto meglio… Tanto il pubblico butta giù tutto.
Per fortuna che in mezzo a parecchio p(i)attume, qualche prodotto valido, ancora c’è. È il caso dell’italiano Giuseppe Capotondi e del suo: LA DOPPIA ORA, visto nella sezione “in concorso”. Inquietante ed inaspettato thriller psicologico con una spruzzata di horror che piace al pubblico e alla critica. Prima fotografo per riviste di moda, poi regista di spot e video musicali, Capotondi, sa come catturare l’attenzione dello spettatore e, grazie ad una sapiente sceneggiatura, costruisce una regia spiazzante, curata, che mescola i generi e li reinterpreta in un prodotto valido e apparentemente lontano dal clichè nazionale.
La seconda pellicola visionata, sempre nella selezione ufficiale dei film in concorso è stata l’ultima prova di Fatih Akin: SOUL KITCHEN. Il regista tedesco, di origine turca, noto ai cinefili per “La sposa turca” e “Crossing the Bridge – The sound of Instambul”, costruisce una spassosa commedia incentrata sulle vicissitudini di un immigrato greco ad Amburgo, alle prese con un ristorante da rilanciare, la ragazza che se ne parte per la Cina, un fratello in semilibertà ed un compratore disposto a tutto pur di mettere le mani sul terreno dove sorge il locale. La trama è giocata su un intreccio intrigante che ha il pregio di divertire (ottima la sceneggiatura), mentre, al contempo, suggerisce tematiche parallele (le problematiche e le difficoltà degli immigrati, l’amicizia e la solidarietà sociale, l’amore). Un film da gustare e far circuitare per una più ampia fruizione.
Ammetto la sconfitta, assieme ad altri illustri e fin più titolati colleghi, e confesso la fuga precipitosa dopo 30’ della terza pellicola in concorso, il film “a sorpresa” di Brillante Mendoza, LOLA. Ritmo di quadro, fotografia dimessa e filtrata per accentuarne le componenti fredde, tempi ed inquadrature che seguono il ritmo reale delle azioni. Improponibile questo film quasi al termine del calendario del Festival, urge proiezione riparatrice in tempi meno convulsi. Ma avrà mai una distribuzione?
Delude, invece, il film: FRANCIA di Israel Adrian Caetano, inserito nella rassegna dedicata alle “Giornate degli Autori”. Il film, che racconta dal punto di vista di una bambina disadattata il mondo degli adulti, cristallizzato in una “famiglia” sbarellata (i genitori vivono da separati in casa) e qualche sequenza dedicata alla scuola… La regia appare piuttosto lacunosa ed il “percorso” del personaggio principale rimane inconcluso.
Termina positivamente la cinquina della giornata il film in concorso, MR. NOBODY di Jaco Van Dormael. Il regista belga più noto per “L’ottavo giorno”, costruisce un film-metafora sulla vita. Immaginate di dover fare una scelta e di conoscerne già tutte le conseguenze: cambiereste strada o lascereste che il destino si compia? Dettagli apparentemente trascurabili della quotidianità, si ripercuotono magicamente nel futuro, tracciando così il viatico per la felicità o la solitudine. Sebbene il tema sia già noto in ambito cinematografico, convince in questa pellicola l’idea di un finale aperto in cui nessuna scelta è giusta o sbagliata, ma vale la pena di essere vissuta o addirittura “non fatta”. Ottima la fotografia e il buon gusto nell’uso della computer grafica, che permette di affrontare i vari sottotemi (l’amore, il futuro, la fede) con creatività e ironia. Peccato per la gratuita lungaggine di alcune scene, poco funzionali alla fluidità di un racconto volutamente non lineare. Da vedere e rivedere con una discreta apertura mentale. Anche per oggi è tutto. A domani per l’ultima giornata completa di Mostra.
Alberto Piastrellini
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