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66.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.

Sentieri di Cinema seguirà anche questa edizione con il consueto reportage giorno per giorno ed invierà in laguna un gruppo di operatori del circuito.






 

08/09/2009 Ai confini della realta'

Finalmente la perturbazione che per quattro giorni ha portato al Lido un assaggio di autunno sembra stia allentando la sua morsa. In effetti il vento continua a soffiare ma il sole di settembre, ancora caldo d’estate, mitiga la temperatura e contribuisce ad addolcire i momenti passati all’aria aperta, tra una proiezione e l’altra. Apre la giornata LO SPAZIO BIANCO di Francesca Comencini, il primo del gruppetto di film italiani che concorre all’ambito obiettivo del Leone d’Oro. Margherita Buy interpreta la parte di una donna matura e svalvolata, dalle relazioni inconcludenti, che dopo una gravidanza improvvisa, dà alla luce, prematuramente, una bimba. La gestazione interrotta al sesto mese, si prolunga nell’incubatrice di un ospedale napoletano, mentre la donna si strugge nell’attesa di una vera nascita o di una morte. Il film, cui si riconosce il pregio di portare sul grande schermo un aspetto problematico della maternità, appare molto costruito e discontinuo nelle sue varie parti, laddove si nota un certo contrasto nella regia fra le varie sequenze, ora mediamente lineari, ora frammentate e diluite in inquadrature estetizzanti (plongé, dettagli, addirittura una incomprensibile sequenza onirica di balletto). Il prodotto non ha convinto del tutto.

Fuori concorso, strappa applausi e risate a scena aperta (oltre ad una autentica ovazione finale), THE MEN WHO STARE AT GOATS, di Grant Heslov, tratto dal romanzo omonimo di Jon Ronson. Già produttore e attore di successo (“Dante’s Peak”; “Piume di struzzo”; “Congo”; “True Lies), Grant Heslov, grazie allo sceneggiatore Peter Straughan e al coivolgimento economico dello stesso George Clooney (col quale aveva già collaborato per “Good Night and Good Luck”), costruisce un insolito war movie, condito di humor, grottesco, racconto morale. Il quartetto George Clooney, Ewan McGregor, Jeff Bridges e Kevin Spacey, fa letteralmente faville (soprattutto i primi tre), mentre il bel George si consacra definitivamente istrione di prim’ordine. Strepitoso il commento sonoro, allusivo ed evocativo, pregevole (anche se ampiamente atteso) il finale pacifista ed il messaggio “impegnato” lanciato ai mezzi di comunicazione e ai loro operatori. Da rivedere!

Un’altra pellicola fuori concorso, purtroppo snobbata dagli accreditati, ma apprezzabile e godibile è stato DELHI-6 di Rakeysh Omprakash Mehra. Notevole racconto moraleggiante in salsa black comedy sulla scoperta, da parte di un giovane americano di origine indiana, dei caratteri e delle tradizioni locali, in occasione di un viaggio a Delhi. I rapporti amichevoli fra parenti e conoscenti, si trasformeranno ben presto in diffidenza, disprezzo, odio. Il racconto, che alterna siparietti cantati e ballati in stile Bollywood, si arricchisce, sul finale, di una vena drammatica allorquando si rivela il tema principale e la tesi attorno alla quale il film è costruito. Decisamente pittoresco il linguaggio cinematografico utilizzato.

Nella sezione “orizzonti”, annoia non poco il lungo documentario di Romuald Karmakar: VILLALOBOS, un omaggio all’arte del DJ internazionale Ricardo Villalobos, genio del mix e della musica elettronica House e Techno nella Berlino contemporanea. In primo piano lo stesso Villalobos risponde alle domande poste fuori campo, descrivendo la sua tecnica compositiva, attardandosi su complicate descrizioni circa il funzionamento degli strumenti che utilizza, impartendo perle di saggezza musicale… Lo stile del linguaggio risulta piuttosto secco, limitandosi a pochissimi movimenti della videocamera, ad un montaggio di quadro e ad una asfissiante prevalenza di piani sequenza.

Conclude la nostra cinquina giornaliera: REPO CHICK di Alex Cox. Il regista inglese del film cult “Repo Man”, costruisce una bizzarra, anarchica e grottesca metafora che allude al tracollo finanziario negli Stati Uniti e al proliferare di Agenzie per il recupero crediti ed il sequestro di immobili per conto delle Banche. Completamente girato in green screen (le scene sono state aggiunte dopo le riprese), il film è un giocattolo visionario (e in effetti gran parte delle scene recupera modellini ferroviari ingigantiti) con tanti riferimenti ironici alla cultura contemporanea, tutta gossip, ricerca del lusso e della moda. Però… un bel gioco dovrebbe durar poco…

Arrivederci a domani.

Alberto Piastrellini

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