Giunti al terzo giorno di Mostra, mentre un sole implacabile e un’ancora più implacabile afa lagunare opprimono accreditati in coda e curiosi che sfidano la canicola dell’area antistante il red carpet (piccole sentinelle lombarde di un divismo che ancora manifesta tutto il suo fascino), iniziano a farsi sentire i primi effetti della tipica stanchezza da festival (soprattutto alla quindicesima pellicola).
Per fortuna che il programma della Mostra comincia a sparare le prime cartucce a suo favore: oggi, infatti, si sfidano a colpi di luce due registi cult: Werner Herzog e Shinya Tsukamoto, entrambi caratterizzati da un certo gusto per la visionarietà e la metafora, quand’anche utilizzate per fini ed istanze diverse.
Ma veniamo alla pellicola che ha aperto la mattinata, LEI WANGZI (Principe delle lacrime), del regista cinese, ma cresciuto a Taiwan, Yonfan. Tratto da una storia vera, accaduta nell’isola di Formosa, il film racconta il dramma delle epurazioni a danno dei presunti collaboratori del comunismo. Al centro della storia una tragica vicenda familiare. Il tono ricorda quello dei vecchi film di regime (con la voce off che porta avanti la narrazione) e una suddivisione in capitoli dal gusto retrò. Anche il tono appare melodrammatico, ancorché il regista indulga verso il finale in una sequenza metafisica. Tutto sommato un buon prodotto, con qualche piccola riserva per quanto riguarda la coerenza formale.
Strappa applausi a scena aperta e commenti positivi l’ultima fatica di Werner Herzog: BAD LIUTENANT: PORT OF CALL NEW ORLEANS. Il vecchio maestro tedesco torna al cinema di narrazione classico dopo un lungo periodo legato alla sperimentazione e al documentario. Herzog costruisce un gioco che coinvolge lo spettatore, più intrigato dalle evoluzioni attoriali di un Nicholas Cage in ottima forma (finalmente), piuttosto che dalla intricata vicenda poliziesca. La “firma” autoriale si manifesta in innumerevoli siparietti allucinati in cui la Natura (a cui è dato un valore simbolico di alterità), entra nell’inquadratura spiazzandone dinamiche e formalismo estetico.
Occhi puntati del pubblico più giovane all’attesa proiezione di TETSUO THE BULLET MAN di Shinya Tsukamoto. Per questo ennesimo capitolo della “saga” “Tetsuo l’uomo d’acciaio” (1989), il regista giapponese sfodera tutto il suo repertorio di fotografia curatissima (soprattutto in post-produzione), montaggio parossistico, colonna sonora fuori scala e caratterizzata ma da moduli ritmici, percussioni e suoni digitali, immaginario anatomico, fusione carne-metallo, estetica che recupera l’immaginario cyberpunk contaminato dal postmoderno sino ad una resa baroccheggiante.
Dalla risposta entusiastica in sala, i fan non sono rimasti delusi.
Nel tardo pomeriggio, prima della consueta riunione con gli altri componenti del gruppo CGS a Venezia, abbiamo visionato la pellicola LOURDES della regista austriaca Jessica Hausner. Colpisce il rigore e la delicatezza per tratteggiare garbatamente caratteri e personaggi di una storia che avrebbe offerto il fianco a scivoloni incredibili se manovrata con minor perizia. Il tema affrontato è quello della ricerca e di una eventuale spiegazione del miracolo e del trascendente, messo in scena grazie ad un plot semplice. Grande cura posta nella gestione dei personaggi, nel tratteggiarne caratteri ed emozioni, senza contare l’ulteriore punto a favore dato da una assoluta mancanza di pre-giudizi. Il pubblico presente in Sala grande (presente la delegazione ufficiale del film) gli ha tributato un applauso reiterato e convinto.
Chiude la teoria delle visioni giornaliere una vera e propria sorpresa, il film della regista tunisina Raja Amari: DOWAHA (Secret Buried). Insolito thriller venato di noir ed horror, tutto al femminile, incentrato sulle conseguenze di una segregazione malata e sugli effetti di una reiterata negazione di sentimenti ed emozioni. Il film intriga per la sceneggiatura tutta giocata sul disvelamento di indizi e per l’atmosfera da “casa degli orrori” in un coté tutto nordafricano. Protagonista la brava Hafsia Herzi, già applaudita in “Cous cous”.
Arrivederci a domani con nuove news da Venezia 66.
Alberto Piastrellini