Eccomi di nuovo qui. Dopo 16 anni di frequentazione assidua del Lido, la Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, continua ad esercitare un discreto fascino sul sottoscritto; fascino che si rinnova ogni anno malgrado i più volte sottolineati (anche su queste pagine) disagi dovuti ad una logistica sempre raffazzonata e ad una “accoglienza” ai limiti della sopportazione da parte delle strutture lagunari.
Ma guardiamo oltre.
La 66° edizione della Mostra del Cinema, pur in tempi di crisi prova ad indossare i panni buoni, almeno per il giorno dell’inaugurazione; dico prova, perché nella migliore tradizione festivaliera anche questa mattina, a poche ore dall’inaugurazione ufficiale, fervevano alacri i preparativi per il montaggio e la sistemazione delle strutture del Movie Village, mentre l’impressione generale dentro l’ex Casinò era quella di essere incappati in un cantiere.
Effettivamente, sotto e a fianco della vetusta pineta che abbraccia la destra della vecchia costruzione, si cela (dietro sapiente schermatura) il cantiere del nuovo, avveniristico e attesissimo Palazzo del Cinema, che, nel 2011, manderà in pensione la vecchia e gloriosa costruzione del 1932.
Sul fronte charme e relax, anche le varie terrazze dell’Excelsior si sono rinnovate con aree allestite e privèe per il cui accesso, già da ieri è iniziata la caccia al badge e alla raccomandazione.
Solita la fauna che si struscia per le code di accesso alle sale (finora abbastanza tranquille).
Piacevole la novità offerta dalla Sala Perla 2, ulteriore “valvola” di sfogo per consentire la proiezione di qualche pellicola altrimenti irraggiungibile ai più, data la storica scarsa capienza delle Sale preesistenti.
Ma veniamo alle prime visioni delle giornata.
Proiezione “a sorpresa” (nel senso che in Sala, a quell’ora, era previsto un altro titolo) del documentario VITTORIO D di Mario Canale e Annarosa Morri. Piacevole sorpresa, perché il lavoro a due mani (dedicato all’attore e regista Vittorio De Sica), ripercorre attraverso interviste originali a mostri sacri del Cinema mondiale e spezzoni d’epoca, l’epopea artistica dell’autore di capolavori indiscussi della storia del Cinema. Semplice e garbato, il lungometraggio omaggia senza strafare e senza cadere nella retorica e, alla fine, lascia in bocca la nostalgia di rivedere qualche vecchio film.
A seguire l’attesa “prima” del tonitruante BAARIA di Giuseppe Tornatore, la cui uscita è stata “sostenuta” per mesi da una potente macchina pubblicitaria. La risposta del pubblico degli accreditati è stata piuttosto freddina, anche se non sono mancati timidi applausi. Ci è sembrato che il risultato non soddisfacesse del tutto le attese; forse a causa della eccessiva dilatazione temporale, di poco chiari salti nella storia (soprattutto nella prima parte), di una volontà tesa a caricare ogni sequenza di climax emozionali. Si apprezza, tuttavia, la ricerca di una costruzione stile kolossal nella volontà di raccontare l’epopea di popolo a partire da piccole storie. Cast strepitoso (non ci si annoia di certo a scovare i tanti volti noti), qualche nota dolente per la soverchiante colonna sonora di Ennio Morricone. Forse un po’ di leggerezza in più non avrebbe guastato.
La terza pellicola visionata (nella sezione “Giornate degli Autori”) è stata: CELDA 211 intrigante noir penitenziario, tinto di giallo e thriller e messo in scena grazie ad un sapiente uso della macchina da presa e del montaggio.
Sempre nella sezione di cui sopra, il documentario: L’AMORE E BASTA di Stefano Consiglio, una serie di interviste ad altrettante coppie omosessuali per conoscere e ri-conoscere la normalità dell’innamorarsi, dello stare insieme, di affrontare insieme i problemi di un legame. Il linguaggio non riesce ad essere del tutto distaccato, anzi si nota una certa partecipazione emotiva e dal punto di vista strettamente cinematografico il prodotto, seppur meritevole di attenzione per la tematica, non brilla per soluzioni estetiche innovative. Peccato.
Ultima visione della giornata, il film d’animazione METROPIA di Tarik Saleh, interessante connubio fra noir, fantascienza, thriller psicologico che pesca nelle fobie del postmoderno (il complotto, il controllo delle masse, l’incubo dell’alter ego, la spersonalizzazione della società) con un linguaggio che ammicca all’estetica di certi fumetti d’avanguardia. Da rivedere con maggior attenzione sperando in una distribuzione nelle Sale.
Per oggi è tutto, a domani per le nuove visioni.