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Fuori dal Coro 2009
66.ma Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Sentieri di Cinema seguirà anche questa edizione con il consueto reportage giorno per giorno ed invierà in laguna un gruppo di operatori del circuito.
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03/09/2009
Padri e figli
Secondo giorno di Mostra, si entra nel vivo del programma con tutto il parterre delle Sale al gran completo, al massimo della funzionalità.
Peccato che tra una proiezione e l’altra cominciano anche i piccoli, grandi problemi: proiezioni che iniziano in ritardo, strane disfasie tra immagini e sottotitoli che, in taluni casi, hanno generato prima l’indignazione, poi l’ilarità, infine la muta rassegnazione degli accreditati (il caso di “Life During Wartime” è stato eclatante e vergognoso in questo senso).
Ma veniamo ad un rapido excursus delle pellicole visionate, anticipando che, a nostro avviso, il fil rouge che lega le varie proposte della giornata è il rapporto padre-figlio.
La giornata è iniziata con THE ROAD di John Hillcoat. Angosciante e leggermente menagramo, il film racconta l’epopea letteralmente on the road di un padre e di suo figlio, vaganti per le strade d’America, fra i pochi sopravvissuti dopo una inspiegabile catastrofe cosmica. L’eroe del Signore degli Anelli, Viggo Mortensen, smagrito e acciaccato, si presta nobilmente alla bisogna. Molto buona la fotografia (decolorata e funebre quanto basta) e sceneggiatura abbastanza coinvolgente per un film con pochissimi attori.
A seguire, il secondo film nella sezione ufficiale di quelli in concorso, il succitato LIFE DURING WARTIME di Todd Solondz. Un prosieguo (con molte variazioni sul tema) del precedente “Happiness”, dopo la bella prova veneziana di “Palindromes” nel 2004. Sotto la lente del filmaker del New Jersey, ancora una volta le complesse dinamiche relazionali ed emozionali di vari personaggi legati da rapporti amorosi o familiari. Fra i tanti temi trattati (l’amore che finisce, quello che nasce, la politica, la famiglia) si insinua il dramma della pedofilia (visto dal lato della vittima, ma anche da quello del carnefice) sullo sfondo di una diffusa incapacità di autoassolversi da parte di tutti i personaggi, perennemente schiavi di una scelta fra perdono e oblio. Sceneggiatura interessante, bravi attori, curata la messa in scena in chiave pop.
Alla proiezione del primo pomeriggio, stupisce e lascia interdetti: VALHALLA RISING, di Nicolas Winding Refn. Una sorta di gioco metafisico che pesca nel passato del basso medioevo, per raccontare la storia sospesa fra realtà e metafora di un gruppo di “vichinghi” alle prese con un viaggio di conquista della Terra Santa, coadiuvati da un misterioso guerriero taciturno e monocolo dal massacro facile. Al di là della coerenza storica si evidenzia il tentativo di rivendicare una non ben identificata “purezza” delle deità pagane rispetto alla “colonizzazione” cristiana. Linguaggio duro (qualche splatter), improvvise accelerazioni, montaggio rarefatto che predilige il non detto e le opacità narrative, musiche inquietanti e fotografia apprezzabile.
Ultima visione del pomeriggio: IL COLORE DELLE PAROLE di Marco Simon Puccioni, documentario che racconta l’esperienza di integrazione e attività a favore dell’intercultura da parte di quattro musicisti, scrittori e mediatori culturali africani, tutti in Italia dal 1974. Messaggio forte, veicolato da toni leggeri, senza scadere del televisivo e nel già visto. Tutto sommato un prodotto valido di cui si spera un ripescaggio nella distribuzione commerciale.
Ultima visione della giornata, il bel KAKRAKI (“Comegliscampi”) del russo Ilya Denichev. Un giocoso, grottesco e commovente copione (debitore di un immortale Gogol), che denuncia gli inciuci e le bassezze dei funzionari pubblici della Russia di Putin. A metà strada fra suggestione letteraria da racconto morale e commedia amara, l’opera rivela una felice natura cinematografica grazie al tocco leggero e ad una mano felice nel gestire gli innumerevoli primi piani (a cui ben si prestano gli attori, alcuni già visti nel gruppo di 12 di Nikita Michalkov.
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