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Fuori dal coro 2004

Un appuntamento giornaliero fra critica, commenti, news, gossip e quant'altro ancora direttamente dalla 61a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia a cura del nostro inviato Alberto Piastrellini

 

07/09/2004 Ancora film...

Bentrovati ancora una volta su queste pagine. Ormai la Mostra procede a pieno ritmo e la particolare scansione delle proiezioni permette, quasi comodamente, la visione anche di sei-sette film al giorno (8 se si considerano le proiezioni notturne…). Questa famelica attività, naturalmente, va un po’ a discapito dell’attività di aggiornamento del sito (per fortuna che qualche sms di aficionados del sito, mi richiama al dovere…) Eccomi quindi per una breve “cronaca” di quanto visionato tra la notte di lunedì 6 e la giornata di martedì 7
Cominciamo con Ve lakachta lecha isha (il grande viaggio), di Ronit e Shlomi Elkabetz, un delicato on the road generazionale (padre e figlio) in pellegrinaggio da Parigi alla Mecca. I temi della tradizione che si confronta con la contemporaneità, e della ri-scoperta dei valori religiosi; sono affrontati in maniera garbata e coinvolgente. Un valido prodotto da Mostra… A seguire la difficoltosa visione della pellicola malese Puteri Genung Ledang (La principessa del Monte Ledang), di Saw Teong Hin. La forza prorompente dell’amore eterno e della fedeltà della coppia nella sontuosa cornice della rievocazione di un’antica leggenda malese. Forse un poco dilatata la parte centrale, il film si apprezza di più per la ricostruzione storica e per qualche momento felice del montaggio e dei movimenti di macchina. Bella la fotografia e la cura posta nei costumi.
La mattina di martedì si apre all’insegna dell’inquietudine con la pellicola inglese Enduring Love di Roger Michell. Una coppia si sfascia dopo aver prestato aiuto in un incidente dalla dinamica quanto meno fantasiosa… Una sottile tensione pervade tutta la sceneggiatura che aspira a raggiungere le più alte vette della miglior tradizione del genere thriller, senza, purtroppo, raggiungere l’obiettivo. Centra, invece, il bersaglio La demoiselle d’honneur del veterano Claude Chabrol; ancora una volta un’amante “diabolica” al centro della narrazione, tutta giocata sulla sottile addizioni di elementi inquietanti e sul dosaggio calibratissimo di suspance. La Fotografia livida, la sceneggiatura azzeccata, il ritmo inquietante e il misurato commento sonoro, ne fanno un prodotto di grande livello. Non gonfia le vele il Vento di terra di Vincenzo Marra; una disincantata ballata in tono minore sull’impossibilità di cambiare il proprio destino e le proprie condizioni sociali. Senza eccedere in estetismi e ricercatezze formali, anzi optando per una scelta minimale – ai limiti dell’approfondimento televisivo – Marra imbastisce una forte denuncia della povertà culturale, dell’assenza dei valori sociali e civili, dell’assenza dello Stato e delle sue appendici nelle periferie del Sud. Al pomeriggio “sbarca” l’attesissimo Promised Land del maestro israeliano Amos Gitai. La sgranatura e la dinamicità del digitale fotografano il fenomeno criminale della tratta delle ragazze dell’est vendute come schiave prostitute nei bordelli di Haifa, Ramallah ecc. Prende allo stomaco lo spettatore per le inquietanti analogie con analoghe situazioni (le ragazze sbattute sui camion, le docce forzate, la conta e lo smistamento…), dagli evidenti rimandi storici. Paradossale il finale e la dolorosa accusa al paese lanciata attraverso un salmo cantato da un coro femminile estone…
La serata, infine si conclude con due ulteriori pellicole, l’inquietante Birth di Jonathan Blazer e l’accattivante A home at the end of the world di Michael Mayer. Ingiustificati fischi e “buate” hanno accolto (senza alcuna ragione, a mio avviso), la pellicola di Blazer con la bellissima e sempre più brava Nicole Kidman (che si fregia di un intenso e drammaticamente valido primo piano di quasi cinque minuti). Un plot originale, suggestioni sonore azzeccatissime, la bravura degli interpreti e una mano felice alla macchina da presa ne fanno un piccolo gioiellino della suspance. Diverte, strappa il sorriso e la lacrima la piacevole pellicola di Michael Mayer che porta sul grande schermo un romanzo di successo. Sceneggiatura dinamica che alterna sapientemente tiepido dramma a vispa commedia, bel terzetto di attori, colonna sonora da antologia (il meglio dagli anni ’60 alla fine degli ’80), per una riflessione molto superficiale sull’omosessualità e la famiglia allargata. A Domani

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