COMUNICAZIONI SOCIALI 2004


INTERVENTO DI S.E. MONS. EDOARDO MENICHELLI (ARCIVESCOVO DI ANCONA-OSIMO)
AL CONVEGNO SUL TEMA DELLA GIORNATA PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI 2004:
"I MEDIA IN FAMIGLIA: UN RISCHIO, UNA RICCHEZZA"

Il tema di questa 38a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali mette in relazione i media e la famiglia: “media” vuol dire mezzi, strumenti; “famiglia”, realtà cara alla Chiesa e a ciascuno di noi, significa persone, comunione, e dunque un tesoro prezioso. Avere nella propria casa un televisore, un computer (magari con la connessione a internet), ascoltare la radio mentre si va in macchina, leggere il giornale o regalare il telefonino ai propri figli, non è proprio la stessa cosa che possedere una lavastoviglie o adoperare un tostapane! Quelli che chiamiamo “mezzi di comunicazione di massa” non sono semplici strumenti, ma piuttosto “strumenti animati” che veicolano contenuti, idee, stili di vita, modi differenti di vedere le cose. Portati in casa, essi diventano interlocutori più o meno invadenti, capaci di arricchire coscienze e conoscenze, e dunque anche la comunicazione, ma anche di distorcerla o addirittura di impedirla. I media possono infatti descriverla come una realtà delicata, talvolta difficile o addirittura lacerata, ma sempre sforzandosi di separare ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, di distinguere l’amore autentico dalle sue imitazioni e di mostrare l’importanza insostituibile della famiglia come unità fondamentale della società (Messaggio del Papa 2004, n. 3). Oppure possono venire presentati in modo acritico o addirittura esaltati, stili e modelli che banalizzano e contrastano l’immagine della famiglia fondata sull’amore e sul dialogo reciproco.
Sul rapporto tra media e famiglia ci si interroga da tempo e non è facile dare risposte, anzi possiamo dire che gli interrogativi con il tempo crescono. La Commissione Episcopale per la famiglia e la vita è particolarmente attenta a questa problematica, già segnalata nella Familiaris consortio (cf n. 76), e ripresa in due paragrafi del Direttorio di pastorale familiare (cf nn. 187-188) dove si richiama quanto già affermato dai Vescovi nel documento Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio (cf n. 115): «gli sposi cristiani dovranno adoperarsi con tutte le loro possibilità affinché i mezzi della comunicazione sociale contribuiscano al sano sviluppo, umano e morale, della società, della famiglia e dei giovani che ad essa si preparano». Il problema è avvertito da tutti e in modo particolare dalle famiglie, soprattutto per l’aspetto educativo, ma non solo.
Che fare? Occorre vigilare perché i media restino mezzi e le famiglie luoghi di dialogo, di confronto tra generazioni, di educazione a ciò che è vero, bello, buono. Come cristiani non possiamo non ricordarci che il Figlio di Dio, chiamato anche “la Parola”, incarnandosi ha stabilito una modalità di comunicazione “personale”: non è la famiglia il primo luogo dove questo si può realizzare in modo autentico? Affinché vinca la comunicazione, affinché le relazioni, a cominciare da quelle domestiche, siano significative, affinché tra tante parole e gesti sappiamo sempre dirci “la Parola che salva”, affinché anche i “media” concorrano a ciò, va approfondito e delineato il quadro delle responsabilità.
Questo Convegno può essere di grande aiuto per individuare meglio i livelli e le forme di responsabilità. I soggetti di questo sistema mass-mediale sono il legislatore, i produttori, le famiglie e tutti quei corpi sociali intermedi, come le associazioni o la Chiesa stessa, che possono aiutare gli altri soggetti ad interagire e svolgere bene il loro compito; ciascuno di essi ha la sua responsabilità morale (cfr. Messaggio 2004, n. 1).
Consapevole che enormi sono le pressioni di potentati di ordine economico o di altro genere in questo campo e che i vari codici di regolamentazione, quando presenti, spesso rimangono solo sulla carta, la Chiesa, che ha a cuore il bene delle persone, sente il dovere di sollecitare i governi e gli operatori alle loro responsabilità e sostiene le famiglie nel loro delicato compito. Mi permetto di indicare alcuni punti concreti per la riflessione e per l’impegno delle famiglie e della comunità cristiana.


Innanzitutto come famiglie:
·Occorre fare in modo che i mezzi di comunicazione favoriscano il dialogo e la crescita morale, che siano occasione per educare i più giovani ad esprimere le loro emozioni e a formarsi a poco a poco una capacità di giudizio critico su quanto vengono gradualmente conoscendo della realtà che li circonda. Questa è un’opera che i più giovani non possono fare da soli; essa richiede che gli adulti dedichino loro del tempo, come si fa per esempio guardando e poi commentando insieme un programma TV. Richiede prima ancora che gli stessi adulti coltivino per se stessi una coscienza critica di quanto si vede, si ascolta e si dice, perché come ha detto il Signore stesso, la bocca parla dalla pienezza del cuore (cfr. Mt 12, 34-35). Allora gli adulti saranno sufficientemente autorevoli da poter dare indicazioni e anche necessarie limitazioni all’uso dei media: come si fa a consentire che i figli abbiano nella propria camera TV e PC connesso a internet? Oltre a costituire talvolta una imprudenza, si arriva all’assurdo per cui quelli che erano nati come strumenti di comunicazione, diventano causa di incomunicabilità ed isolamento!
·Occorre inoltre che le famiglie si aiutino insieme, nelle parrocchie e nelle associazioni, sia per raccogliere questa nuova sfida, sia per pretendere dalla società civile il rispetto e il riconoscimento della loro delicata opera educativa. Nel nostro Paese risulta ancora non sviluppata abbastanza questa consapevolezza di essere, in quanto fruitori (e non semplicemente clienti), i destinatari di un servizio e non il target di operazioni di marketing o di propaganda.


Come comunità cristiana:
·Anche se non possediamo grandi emittenti o potenti mezzi di comunicazione di massa, possiamo contare su buone risorse da mettere in campo per sostenere il compito delle famiglie e la crescita dei giovani: penso ad esempio a strutture come le sale della comunità (ma spesso basta un computer o un videoregistratore!) o a gruppi e associazioni che, perfino nei cammini ordinari della catechesi, promuovono una lettura intelligente e critica dei vari prodotti. Penso a cristiani che da operatori della comunicazione possono offrire competenza e sensibilità per aiutare altri a crescere in consapevolezza. Penso ai giovani che, per passione o per studio, stanno affinando le loro conoscenze in questo settore e possono coltivare tutto ciò in termini di servizio agli altri e di vocazione.
·Penso agli strumenti della comunicazione che comunque abbiamo come Chiesa, sia a livello nazionale che locale: essi necessitano del coinvolgimento di tutti per svolgere bene il loro servizio a sostegno di tutta la comunità.
·Infine abbiamo tutti la responsabilità di instaurare nella Chiesa uno stile di sana comunicazione, capace di cercarsi a vicenda, di raccontare il Vangelo; uno stile che rende abilitati a guardare in faccia una realtà che cambia e che continuamente ci interpella, soprattutto attraverso le istanze e le provocazioni dei più giovani. Certo possiamo interrogarci sugli strumenti e sulle modalità più idonee ed efficaci, ma soprattutto credo che Chiesa e famiglia si possono aiutare reciprocamente: l’una può insegnare all’altra le vie dell’umanità e della sapienza “in un mondo che cambia”.

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