regia:
Guillermo del Toro
Eduardo Noriega, Marisa Paredes, Federico Luppi, Fernando Tielve, Iñigo Garcés, Irene Visedo, José Manuel Lorenzo. (106’)
anno:
2001
Spagna, 1939. Il dodicenne Carlos, i cui genitori sono stati uccisi dai franchisti, viene rinchiuso in un orfanotrofio isolato che racchiude paurosi segreti e custodisce l’oro destinato alla resistenza repubblicana… Esce adesso in Italia, con quasi cinque anni di ritardo dalla “prima” al Festival di Pesaro, questa intrigante pellicola di un regista attento al genere “fabula” e alle sue infinite declinazioni (Blade II; Hellboy e il recentissimo Il labirinto del fauno presentato a Cannes). In questo caso ci troviamo di fronte ad una stratificazione di generi: racconto di formazione, su un sottofondo ghost-story, con spruzzate di horror in una cornice a metà fra il western e il melodramma in costume. Apologo sugli orrori della guerra e sull’avidità umana, La spina del diavolo ha suscitato commenti piuttosto freddi da parte di molta critica che gli ha contestato il ricorso eccessivo ad elementi simbolici ed iconografici del Cinema oltre ad una certa compiacenza nella ridondanza del linguaggio. Peccato perché la pellicola ci sembra tanto più valida proprio per l’utilizzo originale di elementi simbolici significativi e significanti.