Fondatore, insieme ai fratelli minori, della Tatsunoko Productions, il compianto Tatsuo Yoshida, creatore di serie del calibro di "Mach 5 go go" e "Judo boy", fu uno di quei nomi cui dobbiamo il coraggioso ed apprezzato salto dai fumetti ai cartoon da piccolo schermo. E chi ha vissuto il periodo a cavallo tra gli Anni Settanta ed Ottanta non può fare a meno di ricordare i passaggi televisivi italiani di Kyashan, serie animata in realtà concepita da Yoshida nel 1973, la quale ha finito per generare nel 2004 anche il lungometraggio live-action "Casshern", per la regia dell'esordiente Kazuaki Kiriya, che solo ora raggiunge la terra degli spaghetti con il titolo "Kyashan - La rinascita". Ma il devastato mondo retro-futuristico portato in scena da Kiriya, che ha curato anche sceneggiatura, fotografia e montaggio, si distacca completamente da quello che faceva da sfondo alle immagini disegnate, presentandosi come un vero e proprio incubo bellico ad occhi aperti caratterizzato da una onnipresente aria funerea, ulteriormente accentuata dalle cupe atmosfere. Qui, contornati dalle imponenti scenografie di Yuji Hayashida, seguiamo la complessa vicenda del dottor Kotaro Azuma (Akira Terao), il quale, nella speranza di trovare una cura contro le diverse infezioni ed epidemie che potrebbero provocare l'estinzione della razza umana, inventa una nuova tipologia di mutanti che, però, sfuggono al suo controllo dichiarando guerra agli uomini; e ciò lo porta a resuscitare il giovane figlio Tetsuya (Yusuke Iseya), deceduto in battaglia e pronto a ritornare, appunto, nei panni dell'androide Kyashan, nuovo protettore degli esseri umani, dei quali fa parte anche l'amata Luna (Kumiko Aso). Tra dosi massicce di poesia ed effetti speciali, manca il robo-cane Flender, che compare soltanto occasionalmente, però, nei "panni" di comune quadrupede, mentre Kiriya, senza lasciare a desiderare per quanto riguarda violenza e spargimenti di sangue, sembra essere particolarmente interessato a concretizzare un affascinante apologo anti-militarista su celluloide le cui tematiche portanti sono il rapporto tra genitori e figli e, soprattutto, la ricerca di cosa significhi vivere la vita. Un apologo decisamente visionario (e le sequenze in bianco e nero sembrano uscite da un film appartenente all'Espressionismo tedesco), costruito su lenti ritmi di narrazione che lo rendono più vicino ad un certo cinema d'autore che ai comuni comic-movies, tanto che in più di un'occasione rischia di apparire troppo lungo (140 minuti!) e di scadere nella noia, anche se per gli amanti degli anime è già un capolavoro della Settima Arte. In ogni caso, bisogna riconoscere che, ormai abituati ai "lussuosi" blockbuster a stelle e strisce, un prodotto del genere appare ai nostri occhi più adatto per una fruizione in dvd che in sala, però fa piacere, una volta tanto, vedere in azione supereroi che non siano i soliti Superman o Spider-man, anche per poter meglio comprendere il senso del grande intrattenimento degli orientali, i cui film di fantascienza sembrano essere destinati nello stivale del globo a popolare esclusivamente il mercato dell'home video. A quando un'uscita cinematografica italiana per i film di Gamera e Godzilla?
La frase: "L'odio non può che generare altro odio".