regia:
Kim Ki-duk
Jeon Sung-hwan, Han Yeo-reum, Seo ji-seok, Jeon Gook-hwan, Kim Il-tae. (90’)
anno:
2005
Sedicenne orfana vive su una barca col vecchio che l’ha adottata ed aspetta il diciassettesimo compleanno di lei per sposarla. L’isolamento dal mondo, l’equilibrio di una esistenza vocata alla solitudine e alla ripetizione di gesti quotidiani, è turbato dall’arrivo di un giovane studente… Ancora una “casa” al centro del nulla, solitudini e silenzi che alludono forse alla maturata consapevolezza di un passato troppo legato alla mancata libertà di espressione. Slanci poetici e squarci di inaspettata violenza; il bianco della morte, il rosso del sangue, le geroglifiche simbologie di animali ed oggetti che ritornano… Il Cinema di Kim Ki-duk (L’isola; Birdcage Inn, Indirizzo sconosciuto; La samaritana, Bad Guy, Primavera, Estate, Autunno, Inverno.. e ancora Primavera; Ferro 3) procede per sottrazioni (l’esiguità e l’inconsistenza della trama, il minimalismo verbale, l’evocazione dei suoni…) costringendo lo spettatore a percorsi obbligati dove non è possibile farsi trascinare; bisogna metterci del proprio e partecipare (con la testa, non con il cuore) all’esperienza della visione. Allora ecco emergere significati possibili: siamo di fronte, in questo caso, ad una parabola sul distacco della nascita? Ormai al dodicesimo film (ma da noi non tutti sono usciti) la critica si è un po’ assuefatta a quello che poteva essere il nuovo giocattolo orientale, golosamente ambiguo nel mescolare pulsioni sessuali a rigori ascetici, delicatezza e crudeltà e ha trattato con una certa freddezza, a Cannes, questa ulteriore prova di una poetica personale capace di resistere alle mode e, se mai, di chiudersi sempre più in se stessa. Come sempre, mirabile dal punto di vista estetico.
Trama:
Un uomo prende a vivere con sé una bambina di sei anni, sola al mondo. I due passano la loro esistenza a bordo di un peschereccio in alto mare. Sono gli appassionati di pesca a cui l'uomo, di tanto in tanto, affitta l'imbarcazione per qualche giorno gli unici ospiti del peschereccio. Col trascorrere del tempo, l'uomo, innamoratosi della bambina, decide che la sposerà il giorno del suo diciassettesimo compleanno. A rompere questa apparente armonia però arriva uno studente. Tra i due giovani, a bordo della barca, inizia una tenera amicizia e, commosso, il ragazzo decide di liberare la giovane e di portarla via dall'imbarcazione. Ma non ha fatto i conti con l'amore, la gelosia e la testardaggine del vecchio, né con il suo arco col quale predice il futuro e difende la ragazza ...
Critica:
"Bellissima l'idea del nuovo idolo Kim Ki Duk. Siamo ancora fuori dal mondo in un battello-casa in mezzo all'acqua: convivono una fanciulla e un vecchio pescatore, minacciati dai pescatori poi da un giovane rivale. 'L'arco' è strumento d'armonia, difesa e anche d'offesa (sessuale) perché tutto nell'Oriente dell'autore è duplice e ambiguo: primavera, autunno etc. e si torna sempre all' impossibilità di fuggire dal mondo, da noi stessi. Il film è una mina poetica che si sovraccarica nei troppi finali ma con una carica energetica notevole. Inferno, paradiso, ancora inferno..." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 29 ottobre 2005)
"Kim ki-duk: una vera disperazione per il recensore pigro. C'è poco da adagiarsi sulla 'trama', non si può riassumere la storiella. Perché quasi non c'è. Acclamato come innovatore dal popolo festivaliero, sospettiamo che il nuovo, seminuovo astro coreano sia anche un po' furbacchione: disseminatore di indizi e dubbi, lo fa anche con arte ma anche con gusto malizioso di indurre chi guarda a pensosi quanto sterili interrogativi." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 4 novembre 2005)
"Presentato a Cannes nella sezione 'Un certain regard', 'L'arco' di Kim Ki-duk non è all'altezza degli altri titoli che hanno fatto del regista sudcoreano uno degli autori più interessanti della sua generazione. L'autore de 'L'isola', 'Ferro 3', 'La samaritana' riprende certi temi, certi espedienti narrativi a lui cari, ma stavolta affida la sua riflessione sulla crudeltà più ad elaborazioni concettuali che exploit visivi, ricorre al consueto dosaggio di poesia e violenza ma con minore provocatoria incisività. (...) Il film è concentrato sulla tensione sentimentale e la fiducia che legano l'uomo maturo e la ragazza divisi dall'età, dalle aspirazioni e dalle convenzioni sociali. Il regista si conferma autore di grande personalità, capace di isolare sempre qualche sequenza memorabile." (Alberto Castellano, 'Il Mattino', 5 novembre 2005)
PRESENTATO IN CONCORSO AL 58MO FESTIVAL DI CANNES (2005) NELLA SEZIONE "UN CERTAIN REGARD".