Bruno e Sonia sono una giovanissima coppia: lui è un randagio che sopravvive con espedienti e piccoli furti, lei è mamma da pochi giorni e lo segue, con incoscienza e dolcezza, portandosi in braccio il piccolo Jimmy… Ma Bruno, che non accetta la paternità, tenterà di vendere il bimbo…
Una giovane coppia, fronte contro fronte, con la loro povera vita… questa immagine, sui manifesti de “L’enfant”, emblematica e ricorrente, abbraccia il percorso dei due protagonisti dell’ultimo film dei fratelli Dardenne: ennesima storia di miseria e riscatto, catarsi dopo la perdizione. Evitiamo lo scontato paragone con “Rosetta” o con “La promesse”, film culto dei fratelli belgi registi, e accenniamo un confronto solo con il precedente “Il figlio” (2002).
Anche “L’enfant” è un buon film. Asciutto, ricco di gesti significanti e di azioni della macchina da presa che interpellano lo spettatore, soprattutto nell’ormai consueto pedinamento del protagonista, Bruno, dal suo iniziale vagabondaggio punteggiato di “scambi” che mercificano ogni cosa. Rispetto alla pellicola precedente manca però quell’essenzialità che faceva allora di ogni gesto un elemento necessario a trattenere la tensione partecipata dello spettatore. E come allora, la crescita si compie senza enfasi, nel ritrovarsi di Bruno e Sonia dopo un cammino che evolve dai gesti vuoti ed infantili della prima parte a quelli più costruttivi del finale; una crescita sancita dall’ultimo “fronte contro fronte”, non più all’insegna del giocoso ed incosciente flirtare dei due innamorati, ma a sottolineare l’acquisizione di una nuova responsabilità che avviene tramite la sofferenza e la condivisione.
Palma d'oro a Cannes 2005.
Valutazione: quasi quattro pallini.