regia:
Jim Sheridan
Paddy Considine (Johnny), Samantha Morton (Sarah), Sarah Bolger (Ariel), Emma Bolger (Christie), Djimon Hounsou (Mateo)
anno:
2002
Molti fatti autentici sono alla base del copione. Jim Sheridan è irlandese (affermatosi con "Il mio piede sinistro", "Nel nome del padre", "The boxer"), a sua volta alla fine degli anni '70 emigrò clandestinamente negli USA con moglie e due figlie, e proprie queste due, oggi cresciute, hanno raccolto la sfida di scrivere questa storia per il grande schermo. Sheridan aggiunge di aver voluto dirigerla come un racconto morale, "...raccontare l'America con le sue malattie, l'isolamento che crea negli individui, i sogni svenduti e non". Certo la vicenda è ad alto tasso di facile e dilagante commozione: alcuni passaggi (la sequenza al Luna Park; la crisi in ospedale) appaiono non ben controllati e una maggiore asciuttezza avrebbe giovato. Resta però tutto il resto: in una cornice speso intimista, la storia di una famiglia che non si arrende alle difficoltà e anzi le supera restando unita coinvolge e convince. L'amore per l'infanzia che apre i cuori, l'attenzione all'importanza della vita, la memoria come arricchimento, la voglia di restare attaccati ad una luce sul mondo che non si spegne, anche se la disperazione indurrebbe al contrario. I figli piccoli interrogano gli adulti in un interscambio che, se può avere accenti un po' insistiti e ripetitivi, delinea comunque un modello di famiglia rivolto a costruire, mai a rinunciare.