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DA QUANDO OTAR E' PARTITO

regia: Julie Bertuccelli
Esther Gorintin (Eka), Dinara Droukarova (Marina), Rusudan Bolgvadze (Ada), Nino Khomassouridze, Sasha Sarishvili, Duta Skhirtladze
anno: 2003


Trama:
In un grande e fatiscente appartamento di Tbilisi, capitale della Georgia, vivono Ada, studentessa, la madre Marina (il marito è morto in Afghanistan) e la vecchia nonna Eka. Otar, l'altro figlio e fratello di Marina, da qualche tempo è andato a Parigi in cerca di fortuna, con la laurea in medicina. Sue notizie, molto attese dalla nonna, arrivano per posta (insieme a piccole somme) e talvolta per telefono. Ma un giorno Marina viene informata che Otar è morto a Parigi, caduto dall'impalcatura di un cantiere dove lavorava in nero. Non avendo il coraggio di dirlo a Eka, Marina fa finta di niente, mentre Ada si incarica di continuare a scrivere lettere inventate. Ripresasi da un malessere al cuore dopo qualche giorno d'ospedale, Eka torna a casa ed è presente quando alla porta arriva Micou, che riporta da Parigi gli effetti personali di Otar. Nascosta in tempo la valigia, Eka chiede notizie del figlio all'amico, incerto e impacciato. Quando, trascorso qualche giorno nella dacia in campagna, Marina e Ada fanno ritorno a casa, si accorgono che tutti i libri della ricca biblioteca sono stati venduti: Eka ha comprato tre biglietti d'aereo per andare a Parigi, ben decisa ad incontrare il figlio. Figlia e nipote la seguono ma, arrivate nella capitale francese, succede che Eka, rimasta sola, raggiunge l'indirizzo conosciuto e, dopo alcune ricerche, viene a scoprire la verità. Tornata in albergo, dice alle altre due che Otar non era in casa: é partito per gli Stati Uniti. Ora tutte sono all'aeroporto per il ritorno. Ma qui Ada inventa una scusa e non sale sull'aereo: sceglie a sua volta di restare a Parigi. La madre piange, la nonna le invia un bacio.

Commento:
La dissoluzione dell'impero sovietico ha lasciato fratture sociali, civili, culturali che avranno bisogno di lungo tempo per ricomporsi. Lo dice a chiare lettere questa intensa e commossa opera prima, nella quale l'esordiente Bertuccelli riesce a comporre un racconto di lucida semplicità e di profonda riflessione. Merito della regista é soprattutto quello di inquadrare la vicenda su uno sfondo di un netto, vivido realismo e di far passare anche non pochi, significativi richiami simbolici. Da un lato allora ecco la vita quotidiana, autentica di una Tbilisi dove tutto appare antico, vecchio, escluso dalla modernità (e anche le chiese sono tagliate fuori) a dipingere una povertà che non è solo privazione ma 'forma' esistenziale; e dall'altro, ancora una volta, ma con precisa identificazione, "tre donne", tre generazioni, ossia tre modi diversi di guardare la realtà, il passato, il presente (la nonna ricorda con affetto Stalin, la nipote non sa chi sia). Simboli dunque di uno sradicamento forte, in direzioni magari opposte: tutte insieme però a costituire una famiglia compatta, che non vuole abdicare al rispetto e all'amore. Lontano poi Otar: la sua scomparsa innesca il meccanismo della bugia, e, come rinvio, il dualismo verità/menzogna, che pesa sulla storia, sulla società ex sovietica (e non solo, ma qui interessa questo). Critica sfaccettata della dittatura, del salto nel vuoto che può essere il viaggio in occidente, del senso della morte e della voglia di vita che prende la più giovane. C'è dunque la Storia grande, e c'è la storia piccola, forse la più importante. E c'è la rabbia e la volontà di non arrendersi al peggio, di guardare avanti con coraggio. (Fonte ACEC)

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