Nathalie e Louise, amiche d'infanzia con un sogno in comune, quello di fare l'attrice, si ritrovano dopo dieci anni. Nathalie è diventata attrice di teatro, mentre Louise lavora come dentista. Tra le due nasce uno strano rapporto che si trasforma in un "ingranaggio" passionale. "Corsini realizza un film molto francese, molto parlato, ornato di nozioni psicoanalitiche, che a un certo punto diventa un melodramma di 'amour fou'. Poi ci ripensa e appiccica un finale ragionevole, all'insegna della massima 'tutto passa, tutto stanca, tutto si può rimpiazzare'". (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 13 maggio 2001) LA REPETITION "Si conoscono fin da ragazze. Una fa l'attrice, l'altra l'odontotecnica. Una è il fascino, il successo, la crudeltà. L'altra il grigiore, la nevrosi, la sottomissione. Ma chi ha detto che non si possano redistribuire le parti? E' 'La répétition' (la ripetizione, ma anche la prova teatrale) di Catherine Corsini, con Emmanuelle Béart e Pascale Bussières, scavo solido anche se non geniale in quel viluppo di sentimenti così femminile. Da un soggetto analogo, il genio in più, Lynch ha fatto 'Mulholland Drive'". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 12 aprile 2002) "Davvero non c'è molto di più, se non i passaggi di un amore incompreso fino a una prevedibile esplosione di crudeltà mentale. Riesce, ma non avvince, l'impostazione dei caratteri femminili come due suoni: inquieto e sibilante, come un violino vivace la Béart; contratta e introversa la voce dell'amica". (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale, 12 aprile 2002) "Un'analisi più interessante del solito dell'amore lesbico. Emmanulle Béart è brava, meravigliosamente bella". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 12 aprile 2002) "'La Répétition' è l'ennesimo amore 'diverso', quando si sentirebbe bisogno di amori normali. Il cinema ha quasi soppresso il filone sentimentale ortodosso, nelle varianti pre, para o extra coniugali. Quando i partner non sono strani sessualmente, lo sono in tutto il resto, come in 'Killing me softly' di Chen Kaige. Ai tempi de 'Les Biches' di Claude Chabrol (1969), un'ombra di inversione era trasgressione. Ora è ossessione". (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 14 aprile 2002) da www.cinematografo.it