Tonino e Maddalena sono due bellissimi ragazzi del sud che si sono sempre amati. Teresa, una lontana cugina di Maddalena, invidia la bellezza e la felicità di Maddalena, ritenendosi brutta, e si impegna in tutti i modi per sostituirla nel cuore di Tonino. Chiederà a una fattucchiera di prepararle un filtro d'amore e anche se questa dichiarerà di non essere in grado di aiutarla, tuttavia il suo intervento risulterà decisivo. L'identità interiore trionferà sull'aspetto fisico, sulla bruttezza e sulla bellezza. Critica "A quarantatré anni Rubini prova a recuperare la natura, i misteri e le superstizioni della sua terra natale: il risultato è a volte imbrogliato e vacillante, mentre resta indiscutibile la qualità e la bravura d'attore di Sergio Rubini". (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 11 aprile 2003)
"'L'anima gemella' di Sergio Rubini (il suo miglior film, e una delle sorprese dell'anno) pareggia i conti riportando il magico alla sua terra d'origine. (...) Dialetto fitto e sintassi hollywoodiana, inquadrature studiate e concitazione strapaesana, attori non professionisti e una colonna sonora che mixa thriller e mélo anni '50 con la tarantella del Gargano della Nuova Compagnia di Canto Popolare: Rubini non si nega nulla, sfiorando anche il Sud postmoderno di Pappi Corsicato e le eccentricità dell'ultima Jane Campion, ma approda a una coerenza che è tutta e solo sua. Come è inconfondibilmente sua questa commedia sospesa fra cielo e mare che sprizza magia fin dal bellissimo incipit 'acquatico'. Complici il più che affiatato cast, lo script di Domenico Starnone e le luci calde di Paolo Carnera. Un piccolo incantesimo". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 11 aprile 2003)
"Premessa: 'L'anima gemella' dell'estroso regista part-time Sergio Rubini non rientra tra quelli da buttare in senso stretto. Con tutta probabilità la caduta ingloriosa del produttore, Vittorio Cecchi Gori, ha inciso sul risultato finale. (...) Precisato che la cosa migliore del film, oltre ai paesaggi, è la sfolgorante nudità della bella figlia d'arte Violante Placido, quasi una sosia si Serena Autieri, nelle orecchie restano gli strepiti di una commedia grottesca troppo urlata, dalla sceneggiatura convulsa, dove si ride spesso nella prima parte e si sbadiglia a volontà nella seconda". (Massimo Bertarelli, 'Il Giornale', 11 aprile 2003)
"E' un film molto personale, suo (di Rubini) come regista e come attore in un ruolo laterale ma in realtà centralissimo. Affonda le radici nella sua idea infantile, magica e favolosa della Puglia. Infatti si respira, sulle schermo (perché è un film molto visivo), un'aria onirica. (...) E' un film di suggestioni, di luci e di profumi. La sfida è riuscita solo in parte, ma è generosa". (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 12 aprile 2003)
"Il cinema di Sergio Rubini riflette un singolare sentimento sudista. Verso le radici e verso i paesaggi, verso il dialetto e verso la luce, verso le alterazioni della coscienza e la fantasia. Questo sentimento cinematografico è complesso e mai folkloristico e intorno a questo nodo culturale Rubini, con i suoi film da regista, ha un movimento altalenante. Si avvicina e si allontana. Si avvicina e si allontana, parte e torna come accade a chi ha debuttato con una pellicola che è un programma di partenze e ritorni: 'La stazione'. Il cinema pugliese - come il napoletano, il milanese, il toscano o il romano - non esiste. Slang e ambienti non plasmano un orientamento narrativo. Con questa sesta regia Rubini si diverte a mettere in scena una commedia ebbra e magica, pervasa di erotismo e scandita da riti di stregoneria domestica. Una gradevole proposta grottesca, rara nel nostro cinema. La sceneggiatura ha qualche problema e le due attrici, innamorate dello stesso uomo e vittime di metamorfosi, sono brave e sostengono la girandola dei personaggi". (Enrico Magrelli, 'Film Tv', 15 aprile 2003)
"La cosa più imbarazzante di un film girato nell'ormai lontano luglio 2001 non è tanto la produzione firmata Vittorio Cecchi Gori, quanto la presenza delle lire al posto degli euro. Ma in fondo anche questa nota fa una certa tenerezza e diventa parte di questa favola meridionale, anzi pugliese, anzi salentina, che sembra provenire da un mondo lontanissimo, e ancora così caldo. Forse perché era ancora in vita Carmelo Bene da quelle parti. Ma anche perché 'L'anima gemella' diretto da Sergio Rubini, che lo ha scritto assieme a Domenico Starnone, è il miglior film della coppia Rubini-Starnone, e ci riporta direttamente a un cinema fatto con voglia, passione, calore per cosa si racconta, per chi lo interpreta, per quello che si vede sullo schermo. Così gli attori, da Michele Venitucci, già collaudato da Rubini nel suo film precedente, qui oggetto di tutti i desideri femminili della zona, alla scatenata Valentina Cervi, qui ragazza acidella pugliese di grande presa comica, alla quasi inedita Violante Placido, qui una vera scoperta come sex bomb giovanile, al gruppo di attori pugliesi post 'La capa gira' capitanati da Dino Abbrescia, sono diretti come raramente si vede nei nostri film. E la stessa cosa si può dire della cura delle musiche di Adriano Donaggio (la militanza con Brian De Palma si sente e dà al film un tocco inquietante in più) e della fotografia di Paolo Carnera, con tanto di buffi, affascinanti piccoli trucchi visivi che ricordano quelli di Bava padre per 'La macchina ammazza cattivi' di Rossellini. (...) Starnone e Rubini riescono a tenere quasi sempre un tono leggero e divertito. Forse c'è un piccolo momento di stasi fra le due trasformazioni, ma è anche un tentativo di evitare l'ovvietà del racconto. Va dato atto però a Rubini di esser riuscito a mantenere magicamente intatta la freschezza iniziale grazie proprio a una regia che inventa soluzioni visive e piccoli cambiamenti di recitazione per evitare facili caratterizzazioni attoriali e logiche trappole narrative. Cinquant'anni fa i nostri vecchi registi, come Bragaglia o Comencini, avrebbero solo aggiunto una voce off di Stefano Sibaldi per raccontare la vicenda". (Marco Giusti, 'il Manifesto', 12 aprile 2003)
"Sogno di una notte di mezza estate pugliese. Superate le difficoltà del fallimento di Cecchi Gori, arriva in sala il film sperimentale di Rubini, un'opera panica e localistica, abbacinata di luce e spruzzata di fantasy, fisicamente meridionale. (...) Non ci si deve aspettare un film controllato, risolto. La regia di Rubini sembra lavorare spontaneamente su una sceneggiatura (di Domenico Starnone) a volte superficiale, ma anche piena di spunti, di occasioni per gli attori, rocamboleschi". (Silvio Danese, 'Il Giorno', 12 aprile 2003) Note SUONO DI PRESA DIRETTA: GILBERTO MARTINELLI E DECIO TRANI. PRESENTATO ALLA 59MA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA (2002) NELLA SEZIONE "CONTROCORRENTE". INIZIO RIPRESE 21 MAGGIO 2001. E' STATO GIRATO A GALLIPOLI E DINTORNI.