TRAMA: Il crimine commesso da una donna durante la Seconda Guerra mondiale, pur restando impunito, segna il destino dei suoi discendenti. Il fiore del male cresce negli ordinati giardini della borghesia di provincia, il cui fascino discreto e criminale continua ad attrarre Chabrol. Andando a rovistare negli armadi della famiglia Charpin-Vasseur, in una bella villa vicino a Bordeaux, si scopre che ad impastare i legami di famiglia sono tradimenti e bugie, delitti ed ipocrisie. Le colpe dei padri ricadono sui figli e la storia si ripete tornando in eredità con il suo carico di maledizioni.
CRITICA: "Vogliamo dire che Claude Chabrol è il Georges Simenon del cinema? Salve proporzioni e differenze, li accomuna la capacità di lavorare all'ingrosso: anche se Claude con le sue 70 pellicole non arriva agli oltre 300 titoli di Georges, bisogna riconoscere che la fabbrica di un film prende più tempo della media scrittura di un libro. Ma nell'uno e nell'altro autore c'è la stessa disinvoltura nell'accettare le regole del genere, in modo da garantirsi il successo di mercato, e un'analoga capacità di inventarsi finezze, risvolti e sottolineature che rendono la lettura o la visione sempre sorprendenti e gradevoli. Ne volete la prova? Vi sfido a lasciare a metà un romanzo di Simenon; o uscire prima della fine da 'Il fiore del male' di Chabrol. (...) Il tutto si svolge, lo dice una battuta del film, 'come in un romanzo di Zola'; e l'ago della bilancia è l'anziana zia Suzanne Flon un personaggio che incarna la torbida vicenda e l'anima della situazione. La prestazione di questa attrice ha qualcosa di miracoloso e non solo perché all'anagrafe ha 86 anni. Vi prego solo di guardare la scena dove Suzanne e la nipote trascinano su per le scale un cadavere che a un certo punto gli sfugge di mano; e la veterana ha una reazione di stupenda bizzarria, si mette a ridere coinvolgendo nella sua macabra ilarità anche l'altra. Ditemi voi se questo non è un grande momento di cinema". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 15 febbraio 2003)
"Quieto, educato e agghiacciante, 'Il fiore del male' di Chabrol è la versione stilizzata, asciugata, serenamente e atrocemente pessimistico di tante oltre storie di famiglie, destini e province raccontate dal maestro francese. Non c'è più bisogno di intrusioni esterne che vengano a turbare malsani equilibri, né di diseredati che scompaginino armonie borghesi; i 'corvi' omonimi sono quelli che ci si è allevati in seno: bastano cinque personaggi che riassumono tre generazioni, e quel tempo profetico che si ripete sempre uguale a se stesso e che si snoda senza soluzione di continuità davanti agli occhi della decana zia Line. Chabrol è arrivato al cuore del suo mondo e del suo stile: niente colpi bassi, il malessere è intessuto nelle tappezzerie e negli abiti bon ton dello famiglia, prende corpo dal giardino curato e dall'aria tersa, chiuso nella consapevolezza inossidabile degli occhi di Line. (Emanuela Martini, 'Film Tv', 18 febbraio 2003)
"Chabrol, maestro del noir familiare in cui si sentono echeggiare pagine di Simenon e allusioni freudiane, sta finendo di comporre una sorta di affresco dell'ipocrisia e della paranoia del focolare domestico. Si vede ormai l'insieme, ma non tutte le parti sono ottime. Questa ripete qualcosa, e qualcosa aggiunge. Per esempio lo sfondo di un passato storico francese. La 'signora omicidi' della maison Chapin-Vasseur, zia vecchina che nasconde il segreto di un patricidio ai tempi della Seconda guerra mondiale asseconda l'amore dei due nipotini, fratellastri senza alcun legame consanguineo, figli di genitori risposati e ormai già scaduti: il padre insegue ragazzine, la madre persegue la carriera politica locale. Irrompe un altro omicidio e la zia ha l'occasione per riscattare la sua colpa, sentenziando: 'Il tempo non esiste, esiste soltanto un eterno presente'. (Silvio Danese, 'Il Giorno', 15 febbraio 2003
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