Tre storie, tre amori. Quello di Matsumoko e Sawako, giovani fidanzati separati dall’egoismo e dalla ricerca del successo che tornano insieme in virtù di una scelta estrema; quello di Hiro, vecchio boss della Yakuza, che dopo trent’anni ritrova la giovane fidanzata di allora ancora in attesa di un suo ritorno; quello di Nukui, giovane e devoto fan di una popstar caduta in disgrazia dopo un incidente d’auto. Per questa pellicola Takeshi Kitano (vincitore al Festival di Taormina nel 1993 con Sonatine e Leone d’Oro a Venezia nel 1997 con Hana-Bi, cui seguiranno i successi di L’estate di Kikujiro e Brother), si ispira all’arte del Bunraku - il tradizionale Teatro giapponese delle marionette che ebbe la sua massima fioritura fra il XVII° e il XVIII° secolo - e costruisce una delicata e struggente parabola sull’amore che non muore mai. Di grande impatto la splendida fotografia di Katsumi Yanagijma, da sola meritevole di encomi e qui esaltata dai ritmi pacati di una sceneggiatura attenta, rigorosa e da un montaggio severo, anch’essi opera di Kitano. Affiatato il sestetto di attori, tutti in stato di grazia, per questa parabola ardita che ha la potenza evocativa e la leggerezza sintattica di un haiku. Ancora una volta colpisce lo spettatore occidentale il senso di tragica redenzione, di malinconica salvezza che l’autore vede nella Bellezza come risposta-bisogno di fronte alle brutture del mondo, degli animi, dei sentimenti. Purtroppo ignorato dalla Giuria Ufficiale, Dolls si è meritato il plauso della critica e del pubblico che lo ha riconosciuto Leone “morale” della 59ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia.
