regia:
Sam Mendes
Tom Hanks, Paul Newman, Jude Law, Tyler Hoechlin, Daniel Craig. (119’)
anno:
2002
Il regista di American Beauty, prendendo spunto dall’omonimo romanzo di Max Allan Collins “Road to Perdition”, compone un gangster movie che sconfina nell’epic, passando per l’on the road: un trepidante racconto di formazione narrato in prima persona che segue la storia di una terribile vendetta e di un percorso di salvezza. Incontro-scontro fra padri e figli, affetti del cuore e necessità della vita, afflato di redenzione pur nell’immobilità del peccato; il tutto nella cornice mitica dell’America anni Trenta (fortemente ispirata a Leone e Scorsese) coi gangster in doppiopetto gessato e le devastazioni fisiche e morali apportate dalla Grande Depressione. Girato nella bella fotografia di Conrad L. Hall (lo stesso che aveva fatto vincere uno degli Oscar ad American Beauty), il film di Mendes si apprezza per il gusto barocco del taglio delle inquadrature, per l’uso sapiente dei chiaroscuri e delle luci di taglio che immergono nell’ombra le figure “nere” dei personaggi.
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Malgrado gli strali di molti critici, a noi pare un film decisamente bello, in cui una storia di perdizione/redenzione è narrata con il respiro della tragedia e del “racconto biblico”, verso un destino in cui perdizione e redenzione confluiscono nell’impossibilità di un umano e definitivo giudizio. Centrale il rapporto padri-figli e l’eredità che i primi lasciano ai secondi. Road to Perdition, già nel titolo, allude al percorso di iniziazione al male, tracciato da genitori-fuorilegge: il cammino di tutti i protagonisti si compirà tragicamente, ma resterà comunque la possibilità di una scelta per il bene. Molto curata la fotografia, che alterna una prevalenza simbolica di scenari notturni e piovosi ad un significativo momento di luce sul quale inizia e finisce il racconto. Barocca la costruzione, con frequenti richiami al cinema e al tema del “guardare/fotografare/essere spettatori”. Ottime le interpretazioni.