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L'IMBALSAMATORE

regia: Matteo Garrone
Ernesto Mahieux, Valerio Foglia Manzillo, Elisabetta Rocchetti, Lina Bernardi (101')
anno: 2002


"Già campioncino del cinema indipendente, il 34enne Garrone firma il quarto lungometraggio, ma dal precedente cinema 'casuale' passa a un disegno più complesso (...) Garrone ha saputo tenere insieme un film di atmosfere e un film d'intreccio. Ha vinto la sfida". (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 22 maggio 2002)

"Garrone, malgrado il gusto perfino eccessivo per l'ellissi, gioca a meraviglia sui sottintesi, sull'implicito, sull'incredibile capacità di manipolazione di Peppino alla quale segue un'irrefrenabile disperazione. Ben servito dalla sensazionale performance del piccolo grande Ernesto Mahieux, vecchio attore di teatro e di molto cinema popolare napoletano. Che dà un'umanità, una profondità, una sofferenza vera a un personaggio altrimenti odioso, finendo per arricchire di sottigliezza anche il lavoro di Elisabetta Rocchetti e dell'esordiente Valerio Foglia Manzillo. Dopo tanti inutili film-cronaca, eccone finalmente uno che si accontenta di copiare la realtà, ma la reinventa e la illumina". (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 maggio 2002)

"E' un fatto di cronaca, ma la regia di Garrone ('Estate romana'), con la fotografia di Marco Onorato, lo scardina dal suolo e lo innalza a mezz'aria nel mondo dei destinati al tragico, tra i personaggi di Testori e Pasolini. Anche se si sente 'l'operazione', il piacere dell'immagine è alto. La prova degli attori è emozionante. Prodotto da Procacci, è un successo della Quinzaine di Cannes, tra i migliori italiani della stagione". (Silvio Danese, 'Quotidiano Nazionale', 13 settembre 2002)

"Parte da un fatto di cronaca ma subito prende direzioni iperrealistiche la quarta bellissima prova nel lungometraggio di Matteo Garrone. Se in 'Terra di mezzo', 'Ospiti' ed 'Estate romana' le storie erano, innanzitutto, questioni di geografia, di urbanistica applicata ai confini territorialmente e sociologicamente di frontiera, ne 'L'imbalsamatore' Garrone si inoltra nelle strade perdute della psiche, nelle contaminazioni chimiche (...). Non a caso l'ambientazione galleggia nello spettrale Villaggio Coppola del litorale casertano: una specie di 'incubo inurbano', dove l'architettura è un optional e gli uomini ombre stagliate all'orizzonte. Più che David Lynch, ritornano in mente Fassbinder e i suoi ambigui dolori. Quei dolori, quegli scarti, quell'ovvia incomprensione che impediscono a un uomo troppo piccolo, a un giovane troppo alto e a una ragazza con la bocca rifatta di interagire, di parlarsi e di vivere se non in forma di violenza". (Aldo Fittante, 'Film Tv', 10 settembre 2002)

"Finale a sorpresa, sentimenti gotici, e una tenuta narrativa che davvero stupisce e ti regala emozioni forti e diverse anche per la bravura strepitosa di un attore di sceneggiate, Ernesto Mahiuex, tra due giovani bravi e belli, Valerio Foglia Manzillo ed Elisabetta Rocchetti". (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 14 dicembre 2002)

da www.cinematografo.it

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