regia:
Ellory Elkayem
Con: David Acquette, Kari Wuhrer, Scott Terra, Scarlett Johansson (99').
anno:
2002
Sostanze tossiche disperse accidentalmente causano la mutazione genetica di alcuni ragni che, divenuti giganteschi, iniziano ad attaccare gli uomini. Sembra il plot di un vecchio film di fantascienza in b/n anni ’60 (Tarantula, La vendetta del ragno nero, La mantide assassina), in effetti è quasi la riproposta in chiave moderna di un genere popolarissimo, ai tempi, qui arricchito di gustosi effetti speciali e di una vena “spaventosamente comica”.
Vi proponiamo inoltre la seguente recensione:
Il “monster movie”, filone assai fortunato negli anni della “guerra fredda” e del boom della fantascienza cinematografica, vive di una contraddizione, quella di un nemico che viene dall’esterno, portatore di una fisicità abnorme e incontrollata, senza per questo smettere di alludere alla complessità dell’”inner space”, dello “spazio interno” fatto di rimozioni, di pulsioni spesso incontrollabili, di fantasmi che non si sa o non si vuole vedere. “Arac Attack”, che tenta di recuperare l’ingenuo vitalismo dei protagonisti umani dei modelli irrinunciabili del filone, non sposta il classico centro d’attenzione, l’apparizione del mostro intesa come smentita delle leggi di natura, che allude ad una sfera lontana dall’umano, ma semmai intensifica la sensazione di una mutazione incontrollabile, tale da permettere all’evento “mostruoso” di alludere a processi interiori quali la fobia irrazionale nei confronti di ciò che – appartenendo alla dimensione del fisiologico – sfugge al controllo del ragione o – meglio – del senso comune, in questo modo rivalutando quanto è organico contro la fissità inesorabile delle vere o presunte leggi di natura. Eppure nella vena “spaventosamente comica” di “Arac Attack” si nasconde anche altro, per esempio la capacità di intuire la fragilità delle norme non scritte che regolano la convivenza umana, in grado all’improvviso di mostrare il proprio volto nascosto, che parla di meccanismi introiettati e condizionanti, piuttosto che di libera adesione ad un disegno, comprensibile all’interno di una ideologia che sa pensare il limite e la necessità del suo superamento. Questo per dire che tutto – nel corso dei processi distruttivi innescati dall’apparizione dei misteriosi ragni giganti all’interno di una sonnolenta e decisamente distratta cittadina americana – è scarto rispetto ad una norma che non è mai legge, convenzione ovviamente perfettibile, ma irruzione di una alterità che non è possibile assimilare, perché il linguaggio che si parla è assolutamente autoreferenziale e, quel che è peggio, incapace di autogiustificarsi e vicino quindi alla realtà di un inconscio oppressivo e alienante, che per difendere i propri più o meno legittimi “interessi” non può fare altro che annullare tutto ciò che non può descrivere. E’ questo, infatti, ciò che più colpisce, che spaventa sul serio in “Arac Attack”, l’incapacità di arrivare a fissare dei confini, anche e forse soprattutto emotivi, intorno ad un evento che genera immediatamente, automaticamente una risposta che dice poco sul mostro, sull’alterità che lo costituisce e lo identifica e tantissimo sulla possibilità che l’umanità sia una qualità che ha smesso di essere parte costitutiva, fondante dall’animale uomo, che ogni volta che gli è possibile tenta di sfuggire ai limiti che dovrebbero essere parte insostituibile della sua natura. Limiti che finiscono allora per svelare la propria natura provvisoria, naturalmente assai poco rassicurante, dal momento che si può pensare ad una sorta di “grande complotto” che deve portarci a ritenere probabile ciò che è solo possibile, ovvero a ritenere l’umanità ciò che non può tramontare, ciò che può resistere a qualunque confutazione. Marco Marinelli existenz42@hotmail.com