Alla morte dell’amata moglie, un operaio trentenne vede crollarsi il mondo addosso e si abbandona a scelte sbagliate. Gli affetti più cari riusciranno a tenerlo a galla. Il nuovo film di Daniele Lucchetti (Premio Miglior Attore ad Elio Germano a Cannes), è una riflessione amara sul nuovo sottoproletariato sub-urbano, vero e proprio calderone di melting-pot sospeso fra brutture e bassezze ma aperto alla grazia e alla redenzione. Lo stile predilige i toni intensi e toccanti (qualcuno ha sottolineato l’eccessiva spinta sul pedale delle emozioni) mentre si sottolinea positivamente la volontà di mettere in scena quella parte della società italiana da tempo assente nei racconti cinematografici fin troppo malati di borghesia.
Forse un piccola pecca è da ricercarsi nel fatto che la sceneggiatura manca di spessore e di approfondimento limitandosi a presentare caratteri e situazioni senza scavare fino in fondo, anzi prestando il fianco ad una tragica quanto bonaria assoluzione di tutti i personaggi, vittime tutti di un sistema iniquo. Bravi gli attori.