Trama:
Bad Blake, cantante country alcolizzato e scomparso dalle scena musicale, tenta di rimettere in carreggiata la propria vita privata e la carriera. Ad aiutarlo sarà la relazione con Jean Craddock, giovane reporter.
Critica:
"Qualche giorno fa ci si sbilanciava su queste pagine, per celebrare un incantevole esordio, a stabilire una connessione un po' forzata (nel senso di evocativa e molto indiretta poiché si parlava di un film molto originale e per nulla imitativo), tra il film norvegese 'Nord' e le atmosfere on the road di quel cinema americano primi anni Settanta che tanto segnò l'apprendistato cinematografico di una generazione. Rinnovando probabilmente la stessa fascinazione che la generazione precedente aveva incontrato nel western: spazi, libertà, irriducibile individualismo. Con l'aggiunta di tutti i (veri o presunti) anticonformismi propri del cinema post 'Easy Rider'. Ecco, questo 'Crazy Heart' (debutto a sua volta, di uno sceneggiatore, Scott Cooper) è invece in linea di discendenza diretta e letterale rispetto a quel cinema, a quei tipi, a quei climi. Li cita, dal primo all'ultimo momento. Non senza effetti molto suggestivi. (...) Ecco qui. E' vero che il film non eccede in svolte melodrammaticamente consolatorie (....). Ed è vero che ci dice amaramente come gli errori presentano il conto, non tutti gli errori si possano recuperare e aggiustare. Ma nel suo complesso è un repertorio di stereotipi, allineati in bell'ordine senza guizzi e senza originalità. Un'esposizione dal gusto aridamente retrò, senza respiro né necessità. La riproduzione di un modello studiato al cinema, ma che ha perso la sua intima e autentica energia. Chissà, forse nelle mani di Clint Eastwood sarebbe stata un'altra musica." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 03 marzo 2010)
"Scommettiamo che stavolta ce la farà? Jeff Bridges, figlio e fratello d'arte rispettivamente di Lloyd e Beau, alla sua quarta nomination potrebbe vincere l'Oscar col personaggio non certo inedito di un perdente alcolizzato, una specie di 'Wrestler' con la chitarra. Il primo film di Scott Cooper, ex attore molto raccomandato da Robert Duvall, che qui recita e produce ricordando 'Tender Mercies', attacca lo spinotto country del cinema anni '70 in profumo di Ashby, Rafelson e Altman (magari!), road movies con scontento esistenziale incorporato. (...) L'autore, formato alla scuola di Strasberg, rispetta ogni regola del gioco: molta musica in concert (nomination per miglior canzone di T Bone Burnett) e il viso incolto, gli occhi ispidi di un Bridges ispirato da un allegro cinismo, tentato di rifarsi famiglia in un'offerta speciale con l'intervista. E dietro scorre la solita America alla Hopper di motel e stazioni di servizio, bar con musica alla sera (i saloon di oggi, dove comanda un affettuoso Duvall) e i non luoghi omologati dove un piccino si può perdere. Sogno posticipato: a 57 anni è a rischio. Il film, giocato come un pezzo country, di ambientazione provinciale proprio come il debutto di Bridges 'L'ultimo spettacolo' di Bogdanovich, è banalmente scorrevole, non si nega il sentimentalismo e il moralismo nella finale difesa dei valori costituiti con melassa, si prolunga oltre la misura del racconto ispirato dal libro di Thomas Cobb, ennesima elegia di un uomo rude e solo, cowboy andato fuori strada e fuori tempo." (Maurizio Porro, 'Corriere della sera', 5 marzo 2010)
"Jeff Briidges vibra nelle note di 'Crazy Heart', corpo e voce del film-omaggio allo stereotipo del cantante leggendario, affogato nel whisky, perduto nel ricordo del successo e in cerca di redenzione, Modelli di riferimento, Willie Nelson e Kris Kristofferson, icone della country music, sbandati dal cuore pulsante che intonano l'America del cow-boy solitario, alieni alla modernità. Jeff Bridges, dato per sicuro vincitore all'Oscar catalizza l'intero film, fragilissimo, già visto, ricalcato su 'Tender Mercies', interpretato da Robert Duvall (Oscar), che qui compone il triangolo d'amore maschile insieme a Colin Farrell nella parte dell'ex allievo di Bad Blake (Bridges), Tommy Sweet, nuova stella canora che ha preso il posto del maestro. Tre generazioni di nomadi romantici, messi insieme dal regista esordiente Scott Cooper, attore e protegé di Duvall, che lo volle accanto in quattro film e che ora lo lancia (è tra i produttori) dietro la macchina da presa. Una prova di recitazione, il passaggio di testimone Duvall/Bridges e una nuova probabile statuetta d'oro. Ma il soggetto tratto dal romanzo omonimo di Thomas Cobb è un disco rotto, nonostante le musiche di T-Bone Burnett. (...) Non ci resta che intonare una nostalgica melodia country." (Marluccia Ciotta, 'Il Manifesto', 5 marzo 2010)