Il ricercatore etiope Anberber torna in patria nel 1990 durante il regime marxista di Haile Mariam Mengistu, dopo essersi laureato in medicina nella Germania dei primi anni ’60, per realizzare il sogno di rendersi utile allo sviluppo del suo paese. Tuttavia la Storia con le sue contraddizioni, i soprusi, i “bivi”, le diversità, diventa gradualmente la protagonista della narrazione filmica: Etiopia ed Europa (con un doloroso riferimento proprio all’Italia fascista) si incontrano negli ultimi, difficili trent’anni del Novecento attraverso la drammatica figura di Anberber, a cavallo tra due culture tanto diverse ma non prive di punti di contatto. Risuona dal film quasi un grido di protesta contro la dissoluzione dei valori umani più autentici, ma non manca un motivo di speranza, costituito dal possibile allontanamento delle generazioni più giovani dagli insegnamenti dei cattivi maestri del passato. L’opera è un affresco di ampio respiro, dipinto con cromatismi cangianti, che sfrutta elementi di collegamento significativi fra varie ellissi temporali in modo originale rispetto ad altri prodotti del cinema africano.
• Menzione speciale Signis, segnalazione Cinema for UNICEF e premio “Il cerchio non è rotondo. Cinema per la pace e la ricchezza della diversità” a Venezia 2008.