La trama del film ricalca le vicende umane di Giancarlo Siani, giornalista napoletano, ucciso dalla camorra a 26 anni. Marco Risi (Mery per sempre; Il muro di gomma), dedica questa pellicola alla memoria del padre Dino e recuperando afflato e topoi del vecchi cinema di impegno sociale alla Francesco Rosi, costruisce un prodotto valido, capace di mescolare i toni crudi e cupi della vicenda con un modo di raccontare rigoroso, appena velato di amarezza e malinconia. Qualche critico, non senza ragione, ha tirato in ballo il postneorelismo al quale la pellicola si può degnamente ascrivere, tuttavia alcune scelte di montaggio ricordano piuttosto l’estetica post-moderna, certamente più vicina ai gusti attuali. Ottima la scelta del cast, tutti gli attori sono ben caratterizzati; intensa l’interpretazione del giovane Libero De Rienzo. Per non dimenticare.
Nel 1985 Giancarlo Siani viene ucciso con dieci colpi di pistola a soli 26 anni. Faceva il praticante giornalista, abusivo, come amava definirsi. Lavorava al Mattino, prima da Torre Annunziata e poi da Napoli. Era un ragazzo allegro ed amante della vita e il suo lavoro cercava di farlo bene, informandosi, verificando le notizie e indagando sui fatti.
E' stato l'unico giornalista ucciso dalla camorra. Il film lo segue negli ultimi quattro mesi della sua vita, la sua ultima estate quando, dal Vomero, dove abitava, scendeva tutti i giorni a Torre Annunziata, regno del boss Valentino Gionta.
All'epoca, tutto ruotava intorno agli interessi per la ricostruzione del dopo terremoto e Giancarlo vedeva e capiva: proverà a muoversi fra camorristi, politicanti corrotti, magistrati e carabinieri.
Proprio la sera in cui venne ucciso, a Napoli Vasco Rossi teneva un concerto e Giancarlo sarebbe dovuto andarci con la sua ragazza ...