Pubblicitario trentasettenne “da skianto” si innamora della vezzosa verginella diciassettenne tamponata col Suv. Che sono vent’anni di differenza quando c’è l’amore? Così sembra domandarci (la risposta è implicita) lo stupefacente Federico Moccia, che assurto all’empireo delle classifiche nelle librerie e al botteghino delle Sale cinematografiche per le due prime trasposizioni dei suoi romanzi, si inventa regista per mettere in scena il suo terzo parto intellettuale. È piuttosto imbarazzante credere alla “buona fede” di questo signore quando racconta, generalizzandolo al massimo, un mondo giovanile che non gli appartiene e di cui si proferisce attento osservatore. E dalla pagina scritta al fotogramma non si notano grandi differenze. Tutto risulta finto e asettico come in uno spot pubblicitario, anche i tradimenti, le infedeltà, le falsità degli adulti. Acuta analisi sociale o furfantesca piacioneria a buon mercato?
