Il 27 gennaio del 1945 Primo Levi, uno degli scrittori più insigni del ventesimi secolo, viene liberato da Auschwitz dall'Armata Rossa. Inizia un viaggio lungo e tortuoso durato otto mesi nel cuore dell'Europa dell'est, attraverso Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia e poi a ritroso passando per Ungheria, Moldavia Romania, Germania ed Austria per poi ritornare nella natia Torino.
Questo lungo viaggio è raccontato ne La Tregua, uno dei romanzi più amati di Levi. Alla sua uscita nel 1963, La Tregue vendette molte più copie di Se questo è un uomo, riscuotendo un successo di pubblico tale da dar quasi motivo di cruccio allo scrittore sopravvissuto all'Olocausto.
A distanza di sessant'anni, quasi per rendere omaggio all'uomo di lettere, scienziato ed umanista al tempo stesso, il regista Davide Ferrario e lo scrittore Marco Belpolito (curatore delle opere di Levi) intraprendono lo stesso viaggio per vedere che cosa è cambiato ad oriente da quella Tregua, da quel momento di calma e di riposo ristoratore che ha separato la fine della Seconda guerra mondiale dall'inizio della Guerra fredda. Il viaggio inizia ovviamente in Polonia, e Ferrario ne approfitta per visitare il quartiere di Nowa Huta a Cracovia servendosi di una guida d'eccezione: il regista Andrzej Wajda, autore tra gli altri de L'uomo di marmo (1978), imponente affresco del socialismo reale in Polonia e delle storture del produttivismo di stampo sovietico.
Quanto mai stridente il confronto tra il "radioso avvenire" e la realtà di oggi, in cui a vecchi operai disillusi e stanchi si contrappongono i giovani in cui Wajda ripone le proprie speranze per un futuro migliore. Il viaggio prosegue in Ucraina, dove la troupe incontra Ruslana, vedova di Igor Bilozir, cantautore e poeta assassinato nel 2000 da giovani russofili. Emerge chiaramente una verità storica ancora dolentemente attuale: la lingua russa ancora oggi come nel passato zarista e sovietico è uno strumento egemonico da parte dell'imperialismo russo, che ha sempre tentato di colonizzare militarmente e culturalmente questa "Terra di confine" (come suggerisce lo stesso nome "Ucraina").
La strada di Levi è in buona sostanza una ricerca nelle contraddizioni dell'ex impero sovietico ai giorni nostri, di cui vengono messe in luci storture ed aspetti ridicoli presenti anche adesso. Ad esempio è molto gustosa la scena in cui l'ispettore regionale della difesa dell'ideologia in Bielorussia interrompe le riprese per verificarne la correttezza ideologica... nel 2006! Non si pensi però che lo spunto di Levi sia solo un pretesto. Durante il documentario vengono utilizzate molte citazioni da quella piccola, grande odissea del dopoguerra, ed è sorprendente constatare come tante considerazioni di allora siano ancora dolentemente attuali ai nostri giorni.
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