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PARANOID PARK

regia: Gus Van Sant
Gabe Nevins (Alex); Daniel Liu (Detective Richard Lu); Taylor Momsen (Jennifer); Jake Miller (Jared); Lauren McKinney (Macy); Winfield Jackson (Christian); Joe Schweitzer (Paul); Grace Carter (Madre di Alex); Scott Patrick Green (Scratch); Jay 'Smay' Williamson (Padre di Alex); John Michael Burrowes (Guardia di Sicurezza)
anno: 2007



 



Trama: 


Alex è un diciottenne che vive a Portland; è sempre in giro sul suo inseparabile skateboard. Un giorno, accidentalmente, uccide un agente di sicurezza e, invece di cercare aiuto o di costituirsi alla polizia, sceglie di fuggire, cercando in ogni modo di nascondere l'accaduto. Alex, però, dovrà imparare molto presto quanto possa essere difficile mantenere un simile segreto, scendendo a patti con la propria coscienza.



PREMIO DEL 60MO ANNIVERSARIO AL FESTIVAL DI CANNES (2007).



Critica:


"Il film di Van Sant si fa notare soprattutto per due importanti collaborazioni: quella di Marin Karmitz, il patron della casa indipendente francese MK2 che ha prodotto interamente il film, e quella Christopher Doyle direttore della fotografia di Wong Kar Wai, che permette al regista di proseguire sulla linea delle sperimentazioni stilistiche di 'Elephant' e soprattutto di 'Gerry' (2002), piccolo capolavoro mai visto in Italia." (Giacomo Visco Comandini, 'Il Riformista', 22 maggio 2007)



"Qui il regista porta all' estremo il metodo messo in atto per 'Elephant' e, con maggior radicalità, per 'Last Days', smontando la linearità cronologica ma anche mescolando riprese con tecniche diverse (il Super8 per le immagini "in soggettiva" degli skater e il 35mm, con un mascherino da vecchia inquadratura televisiva, per il resto) e affidando al una elaboratissima colonna audio, fatta di rumori, musiche, parole e suoni, (compresa una citazione da Nino Rota) il compito di offrire allo spettatore una specie di riflesso sonoro delle contraddizioni psicologiche e comportamentali di Alex. In questo modo lo spettatore si trova davanti una specie di puzzle incompleto ma stimolante di un universo mentale che sfugge a ogni definizione, com' è quello appunto degli adolescenti, ribelli senza cause ma anche assassini per caso. E che Van Sant filma con empatia e curiosità insieme, senza mai lasciarsi andare a prese di posizione moralistiche, ma anche senza compiacimenti o facili giustificazioni." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 22 maggio 2007)



"Un film per sentire, prima che per capire. È 'Paranoid Park' di Gus Van Sant, che dopo i bellissimi 'Elephant' e 'Last Days' sa ormai affrontare le peggiori tragedie con l'agilità, la precisione, la leggerezza dei ragazzi che volteggiano sullo skateboard nel suo nuovo film. Cosa che naturalmente non esclude la fatica e il dolore. Anzi. (...) Un ritratto tracciato con gli strumenti usati dal soggetto, dunque ancora più somigliante. E capace di cogliere anche il mondo che gli gira intorno. Da qui, e non dal 'fatto di cronaca', parte Gus Van Sant. Ma proprio questo rende quel fatto, così terribile e straordinario, incredibilmente leggibile e vicino. (...) Finale aperto: conta la vicenda interiore, non quella giudiziaria. Ma è tutto il film, potremmo dire, ad aprirsi al nostro sguardo, portandoci dentro un mondo che non era facile rendere con tanta nitidezza." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 7 dicembre 2007)



"Il cinquantenne Van Sant è un regista dalla filmografia divagante e discontinua, ma mai banale nel reinventarsi un tono e uno stile: se 'Elephant' (nonostante la Palma d'oro vinta nel 2003) e 'Last Days' ci erano sembrati pretenziosi e fasulli, 'Paranoid Park' ritrova l'inquietante essenzialità di 'Drugstore Cowboy' e 'Da morire'. (...) La suspense trasforma l'apparente banalità da serial adolescenziale in una sorta di reportage psicologico. Van Sant è pienamente autore per come organizza l'impatto drammaturgico tra l'opaca gioventù di un'appagata provincia e la gelida evidenza del delitto, un atto gratuito senza rimorso degno di Camus e Dostojevski. Alex, interpretato dal commovente Gabe Nevins, decide di non confidare niente a nessuno, eppure sembra che gli amici, la fidanzatina, i genitori - più ancora degli investigatori della polizia - lo svuotino di ogni energia e ne distruggano le difese in un cupo ripiegamento che corrisponde, in fondo, all'accettazione "adulta" dell'anonimato e della tristezza." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 8 dicembre 2007)

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