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L'ARIA SALATA

regia: Alessandro Angelini
Giorgio Pasotti (Fabio); Giorgio Colangeli (Luigi Sparti); Michela Cescon (Cristina); Katy Louise Saunders (Emma); Sergio Solli (Lodi)
anno: 2006




Trama:


Fabio, educatore dei detenuti di Rebibbia, ritrova casualmente all'interno del carcere il padre, Luigi Sparti, che è stato condannato per omicidio e finge di essere epilettico per ottenere la semi-libertà. Fabio e Luigi non si sono più visti da quando l'uomo ha abbandonato il figlio all’età di solo 6 anni. Luigi è completamente ignaro della parentela che lo unisce a Fabio. Il giovane decide di aiutare il padre, ma quando si accorge che l’uomo spaccia droga all'interno dell'istituto penale si scontra con lui e gli rivela la sua identità. Padre e figlio iniziano, allora, un confronto che li vedrà confidarsi le reciproche sofferenze vissute negli anni di lontananza ...

'PREMIO FESTA DI ROMA-CAMERA DI COMMERCIO' A GIORGIO COLANGELI COME MIGLIOR INTERPRETE MASCHILE ALLA I^ EDIZIONE DI 'CINEMA. FESTA INTERNAZIONALE DI ROMA' (2006).

Critica:


"La professione di educatore carcerario costringe Fabio a confrontarsi con il padre ergastolano che aveva cancellato dalla propria vita. Un esordio notevolissimo, che ci obbliga a fare i conti anche con quello che non capiamo o non accettiamo. Bravi Pasotti e la Cescon, ma bravissimo Giorgio Colangeli, che teatro e tv hanno usato finora meglio del cinema." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 17 ottobre 2006)

"C'è una figura che ricorre con troppa insistenza nel cinema italiano di questi anni per non attribuirle un valore simbolico. E' la figura del padre assente, indegno o addirittura spregevole, che viene chiamato a riparare questa colpa, ove possibile, o almeno a renderne conto ai figli che per causa sua sono cresciuti male, malissimo. Nelle forme più diverse questo padre 'in debito' si incontra nei film di Amelio ('Le chiavi di casa'), di Cristina Comencini ('La bestia nel cuore', dove è addirittura un pedofilo), di Kim Rossi Stuart ('Anche libero va bene'), ma ci sono padri conflittuali anche in 'Texas' di Paravidino, in 'Pater Familias' di Patierno, e chissà quanti ne dimentichiamo. Ne 'L'aria salata', solido debutto di Alessandro Angelini, questo padre è un criminale, per giunta sparito tanti anni prima dopo esser finito in galera per omicidio. (...) Rielaborando le esperienze fatte da volontario a Rebibbia, Angelini dà un forte sapore di verità alla vita dietro le sbarre; e tratteggia con mano sicura anche gli effetti di questo incontro imprevisto sulla strana famiglia-rifugio costituita da fratello e sorella. Ma paga forse un impianto eccessivamente televisivo nel gioco insistito sui primi piani (a vantaggio degli attori, va detto). Soffocando un poco il racconto, che meritava un respiro più ampio. Chissà, forse il risentimento ricorrente contro i padri è anche quello di una generazione di registi che incontra sempre troppi ostacoli per prendere davvero il volo." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 18 ottobre 2006)

"Ne 'L'aria salata' l'esordiente Alessandro Angelini, già autore di apprezzati documentari, riesce con dignità a ricostruire il punto di vista di una famiglia ulcerata da una macchia che riguarderebbe un solo membro, ma fatalmente coinvolge gli atteggiamenti e gli stati d'animo di tutti gli altri. (...) l'inoppugnabile condizione di una condanna da scontare anche 'stando fuori' dal carcere s'afferma, così, come credibile e umano leitmotiv di un film che non tocca vertici memorabili eppure schiva le note approssimazioni e demagogie del crepuscolarismo d'autore nostrano." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 18 ottobre 2006)

"Un'opera prima italiana. Firmata da un giovane. Alessandro Angelini, che nonostante abbia realizzato finora solo alcuni documentari, dimostra di saper felicemente dominare il mezzo cinema, sia come tecniche sia come espressioni narrative. Sostenute da un'idea di base per nulla consueta, in equilibrio giusto fra il dramma, sempre controllato, e l'emozione asciutta e quasi sommessa. (...) Un confronto psicologico meditato e preciso. Con l'abilità, al momento della rivelazione di quel rapporto alla base, di evitare la commozione facile, privilegiando, al suo posto, una secchezza di modi e di accenti che è poi quella da cui tutto si lascia guidare. Con la possibilità di disegnare, anzi di scolpire, il contrasto spesso molto forte fra quei due caratteri, pur con quel legame familiare sempre ben presente, e con l'abilità di affidare ogni risvolto della vicenda, rinchiusa spesso in modo claustrofobico fra le pareti del carcere, a climi tesi e angoscianti, in grado di non concedere mai nulla al patetico o alla retorica, ma sempre indirizzati al contrario, a un risentito realismo di cronaca che, sugli atti e sui fatti, fa prevalere le psicologie, i loro turbamenti, i loro strappi. In atmosfere in cui la bella fotografia piena d'ombre di Arnaldo Cantinari diventa lo specchio, intimo e non di rado segreto, di quello scontro fra due personalità quasi opposte. Lo ricreano, con tocchi magistrali, Giorgio Pasotti, nelle lacerazioni e nelle speranze vane del figlio, e Giorgio Colangeli, nelle disperate asprezze del padre. Uno scontro che sa vibrare nel profondo." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 18 ottobre 2006)

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